Rassegna storica del Risorgimento

1856-1861 ; SARDEGNA (REGNO DI) ; SERBIA
anno <1951>   pagina <43>
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LA POLITICA SERBA DEL REGNO DI SARDEGNA
1856-1861 [" J: ' Jlt,
{SU DOCUMENTI INÈDITI)
Lanciato ormai, dalia guerra di Crimea in poi. in una politica orientale, danu­biana e balcanica, ardita e di iniziativa, il Regno sardo entra definitivamente, col suo atteggiamento e la. sua condotta lineare, a Parigi e dopo, nei vivo dei vari problemi della vicina penisola. Sono sentiti, essi, unitariamente, in connessione col più vasto problema mediterraneo, con tutta la politica europea. Ammesso a Parigi, si tenterà più e più volte, soprattutto da parte austriaca, di tenerlo lontano dalle discussioni ulte­riori, dalle decisioni, dai compromessi attraverso cui prese corpo l'applicazione dei trattato del 30 marzo 18S6. Ma la diplomazia piemontese è sempre vigile, attenta a non farsi mettere da parte, ammantandosi di dignità, trincerandosi dietro la lettera e lo spirito delle stipulazioni che portano la sua firma. Gli interessi della potenza che essa rappresenta sono, in apparenza, minimi, ma se Parigi e prima di esso la Cernaia Hanno segnato un grande passo innanzi, ora non si vuole sostare e tanto meno fare passi in­dietro, come se, finita la parte, l'attor giovane dovesse, definitivamente o quasi, scom­parire dietro le quinte. Eh. troppo facile e troppo comodo quello che vorrebbe l'Austria. E come una stretta connessione tiene insieme le vicende nazionali delle due penisole, balcanica ed italiana, si ciré gli avvenimenti o i successi nell'una non possono non avere ripercussione nell'altra, cosi si comprende come la politica austriaca, ferma in una linea di difesa, di conservazione, guardi unitariamente a Torino e a Bucarest, a Jassy e a Budapest, a Belgrado e a Zagabria. Cedere, consentire in un punto, su un determinato problema, accusare un colpo sulla lunga via verso l'indipendenza o Punita in Serbia o nei Principati significa, domani, riceverne un altro, forse anche decisivo, in Italia e viceversa. Quasi unica, enorme cassa di risonanza, le due penisole mediterranee (dove si svolge vivace il processo di chiarificazione nazionale) toccate in un punto rispondono in altro affatto opposto, magari impensato. E non vi sono occhi a sufficienza per la diplomazia austriaca (che mette in guardia l'inglese, pungola e sollecita quella otto­mana, si trascina quella prussiana e in parte quella russa) per prevedere e provvedere, turare una falla mentre se ne apre un'altra. Tutto sommato, con alterne vicende di vittorie e di sconfitte, il gioco riesce e riuscirà ancora per circa sessant'anni. Ma la solidarietà di quanti mirano a forzare le due cornici, absburgica e ottomana, affidan­dosi alla propria forza intrinseca non meno che ai dissidi e alle rivalità fra le potenze, non conta soltanto e unicamente sul semplice gioco diplomatico, sulla occasionale coincidenza di interessi ma scende giù nel profondo: è, sì, anche questa, ma vorrei dire soprattutto, assonanza spirituale fra popoli, ove non intervengano a guastarla contrasti nazionali e territoriali e irredentistici (come fra Magiari e Romeni per (a TransUvania).
Italiani e Serbi da questo punto di vista si muovono su un piano di stretta colla­borazione spirituale prima che materiale: sarà l'iniziativa di Cavour e di MiloS e Mi­chele Ohrenovié", indubbiamente; ma da Belgrado, da tutta la Serbia e soprattutto dal cuore del sorbiamo, da quella terra della missione serba che è la Sumadija, dal 1848 in poi, si guarda intensamente* con aspettazione ed ammirazione all'Italia, alla politica piemontese, quasi a trarre esempio ed incitamento per la propria lotta nazionale. È diretta questa, almeno formalmente, contro i Turchi, ma In realtà più contro l'Austria