Rassegna storica del Risorgimento
1856-1861 ; SARDEGNA (REGNO DI) ; SERBIA
anno
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1951
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pagina
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46
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*6 Angelo Tamborra
dell'Ottocento le due dinastìe degli Obrenovic e dei Karageorgcvic1 si siano divise in certo modo il compito e gli obbiettivi: l'una polarizzata verso una intensa e dinamica attività di politica estera, tutta rivolta a condurre la Serbia passo passo verso l'indipendenza attraverso un opportuno manovrare fra Russia e Turchia, non senza far intervenire nel gioco, ormai complesso, anche l'Austria e le Potenze occidentali, l'altra che, nel mettere a tacere per il momento la cosidetta missione serba, sentiva la necessità di adeguare il paese al tono raggiunto dalla vita culturale, politica, economica dell'Europa e soprattutto dell'Occidente, al quale sono rivolti ormai, di preferenza, gli occhi dei Serbi.J)
Intanto, man mano che il paese procede e sente di doversi inserire nel gioco delle Potenze, cominciano a chiarirsi le idee, gli obbiettivi. Proprio alla fine del 1844, col Naàertanije di Iliya Garasanin, venne formulato il più organico e moderno programma di politica estera, quello che con la presenza dì una mente lucida e una personalità eminente come la sua per molti anni nella vita politica del paese doveva segnare dei binari ben saldi all'azione internazionale della Serbia. 2
Le idee del NaZerUmije erano semplici, lineari: la Serbia, vi si diceva, doveva porsi allo stesso livello delle altre Potenze europee e dare vita ad un piano di politica estera ai cui principi essenziali rimanere fedele in modo costante. E anzitutto, ben consapevole della funzione che le era propria nella rinascita dei popoli slavi, la Serbia doveva espandersi e occuparsi del proprio avvenire di concerto con le altre nazioni che la circondano. Tutte queste nazioni saranno la base della politica serba che lungi dal rimanere confinata nei limiti attuali, dovrà attirare verso di sé tutto il resto del popolo serbo che la circonda. Di più, nel mettersi sin d'allora su di un piano nazionale jugoslavo, tener aperte le proprie frontiere e proclamare e attuare il principio della piena libertà di coscienza allo scopo di superare ogni dissidio di natura religiosa, appare a Garasanin come la condizione pregiudiziale per staccare dall'Austria i popoli jugoslavi cattolici. L'essenziale è non staccarsi dal principio della unità nazionale, rappresentato dalla monarchia, e la Serbia, grazie alla stabilità del governo e alla azione contìnua fuori delle frontiere, dovrà considerarsi come la protettrice naturale di tutti gli Jugoslavi oppressi sotto il giogo straniero. E il piano d'azione si presentava vasto, tale da interessare in pratica tutti i Balcani: partendo dal Principato, esso doveva abbracciare i paesi serbi soggetti al turco (Bosnia Erzegovina, Albania settentrionale, Macedonia, Vecchia Serbia) e poi il Montenegro, il litorale dalmatico, la Croazia, la Slavonia, la Backa e il Banato tutte, in pratica, le cosiddette terre serbe su cui si svolgeva la giurisdizione del Patriarcato ortodosso serbo e tutti i paesi slavi di religione cattolica o musulmana. Il Nacertanijct secondo la consuetudine ormai invalsa fra il 1837 e il 1843, parla ormai esplicitamente di Jugoslavia3), individua una aziono nazionale non semplicemente serba ma diretta verso tutti gli slavi del snd, anche i Bulgari; essi sono ancora indietro nel processo di chiarificazione nazionale, vengono
JJ SLOBOTMN JovAwovrc, Periodi trbske istorlje, in SUicev bornikt Zagabria, 1929* pag. 15.
aJ Sul Natertanye, vedi GEORGES Y. DEVAS, La nouvette Serbic, Parigi, 1918, pagg. 153-157. <
3) N. MUBKO. ìmeno Jugoslavi] a (Il nome di Jugoslavia), in Sbornik Véna-vany Jar. Bidlovi* Praga, 1928, pag. 392. Quando nel 1830 Ljudevit Gaj volle designare gli Slavi del Sud col nome di flliri, lo maggior parte dei Serbi rifiatò questa denominazione come poco nazionale e di ricordo napoleonico e così venne proposto di adottare il nome di Jugoslaveni, sulla base di considerazioni geografiche ed etnografiche.