Rassegna storica del Risorgimento

AZEGLIO, MASSIMO TAPARELLI D' ; BALBO CESARE
anno <1951>   pagina <84>
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84- George A* Carbone
tulli non sarebbe grave a nessuno. Ho scritto a Ricci ') per Poffare mio Senatorio. Non ho proprio il capo da studiar la questione, e neppure i dati, A cose quiete mi dirai cosa ne pensi. Del resto quanto a noi sarà quel che sarà, ma la causa è vinta. E questo è Vimportante.
Addio dunque, salutami lutti in casa, e gli amici. T'ammiro con tanti figli all''ar­mata. Sei un bravo uomo. Cesare mio.
Massimo
II mese di maggio portava risultati notevoli per la monarchia piemontese in Lombardia. Il programma dei moderati e la causa dei Savoia sembravano trionfanti coi successi acquistati per mezzo della fusione e le vittorie, sebbene non decisive, sul campo di battaglia.
Tutt'altro era vero pel Veneto. La guerra politica fra i monarchici ed i repub­blicani sulla questione della fusione infuriava più che mai. Nessuna divisione del­l'esercito piemontese si trovava nel Veneto per affrontare le risanate forze del generale Nugent e perciò' non si poteva contare su vittorie sul campo di battaglia. C'erano soltanto quei pochi male armati, indisciplinati frammenti dell'esercito pontificio che avevano seguito Durando oltre il Po, i quali tentavano di fare la guerra zoppamente contro le disciplinate forze dell'impero austriaco. In mezzo a questo vuoto politico e a questa confusione militare si trovava anche Massimo d'Azeglio. La sua lettera al Balbo scritta da Vicenza il 4 giugno descrive ampiamente la paralisi dell'esercito del Durando e la crisi politica.
Vicenza, 4 giugno 1848. Caro Cesare
C...! come è vero che honores mutant mores! Una volta Massimo di qua, e Mas-sono di là, e lettere sopra lettere... e adesso non si risponde nemmeno pia! Basta; sono anima grande e ti perdono, e penso che iai da combattere colle Camere, e non hai tempo a occuparti di me. Bisogna però che te ne occupi per cinque minuti. Il Re mi fece Sena­tore indegnamente ed io non ebbi la lettera di nomina, che andò perduta, e benché mi fosse detto che ero Senatore, non mi parve di dover farne parola prima d'aver comu­nicazione ufficiale,perchè lontano com'ero e sempre qua eia in marcia, non ero sicuro alla fine che la cosa fosse vera. Alla fine ebbi lettera di Ricci, e quella che gli risposi lo pregai di comunicartela, e se era forse un pò naYve, era Vespressione almeno di quello che pensavo. Dopo, non ne so più altro.
Ora sono nate circostanze per le quali si trova fissata la linea di condotta che devo tenere. La scarsità di forze di Durando, l'ha reso impotente ad agiro. Il Veneto, salvo Treviso, Padova, e Vicenza è stato invaso. La Replubblicà] di Venezia che vuol l'im­possibile, e se la prende col primo che capita, quando non l'ottiene, ha detto e con lei in
>) Marchese Vincenzo Ricca, genovese. Il 16 marzo 1848 entrò a far parte del gabinetto Balbo; pòi fu ministro di finanza nel ministero Casati-Chiodo. Lasciò il potere dopo il disastro di Novara per entrare nella vita politica parlamentare come deputato.