Rassegna storica del Risorgimento

SALVEMINI GAETANO
anno <1951>   pagina <90>
immagine non disponibile

90 Enzo Tagliacozzo
Gioitati presso i suoi seguaci sarebbe stato scosso. De Bellis diceva niente altro die la verità quando affermava: Non sono io che ho bisogno di Gioiitti, è Gioii t ti che ha bisogno di me ... . 0;'f*Giolitti, che a prima vista sembra il dittatore della maggioranza in realtà è il servo e lo strumento dei deputati della maggioranza; i quali in tanto gli hanno conferito la dittatura, in quanto sanno che questa dittatura sarà esercitala a tutela dei loro interessi. È il loro capo: dunque deve servirli . 2) Salvemini era già a conoscenza di questo prima di giungere a Gioia del Colle, ma volle vedere il sistema giolittiano in funzione e nessun altro luogo poteva essere più adatto per un'inchiesta elettorale del territorio controllato politicamente da De Bellis.
Il poco gradito ospite arrivò a Gioia del Colle la sera del 6 marzo insieme con altri due giornalisti. Essi furono incontrati alla stazione e accompagnati al­l'albergo da una folla di uomini silenziosi armati di enormi bastoni. Gli agenti di polizia permisero ai mazzieri di scrutare i visitatori da vicino, in atto di sfida. In seguito, un gruppo di persone entrò nell'albergo dove erano alloggiati gli ospiti mentre una gran folla si fermava all'entrata. Un agente in borghese disse loro da parte del suo capo Pròna malfamato specialista in operazioni elettorali che il loro arrivo aveva creato un gran fermento in città, in quanto si credeva che fossero venuti ad aizzare i contadini. Fu dato loro cortesemente il consiglio di partire col primo treno, perchè vi era il rischio di una strage. Ma tutte le pressioni del delegato furono vane. I viaggiatori risposero che sarebbero rimasti, e che spettava al capo della polizia di prendere le misure necessarie per proteg­gerli. Uscito dall'albergo, Salvemini incontrò un gran numero di mazzieri, ma fu immediatamente preso sotto protezione da un giovane delegato e da un altro agente in borghese.
Dopo le minacce e gli atti di violenza dei giorni precedenti, il risultato del­l'elezione non poteva esser dubbio. Gruppi di mazzieri erano entrati nelle case e avevano consigliato le donne ad impedire ai loro mariti di uscire, poiché avrebbero corso gravi rischi. Fermati per le strade gli elettori del partito avverso, i mazzieri li avevano esortati a starsene in cosa il giorno delle elezioni e a dimostrazione del fatto che non si trattava di vane minacce ne avevano bastonato qualcuno.
I locali della lega dei contadini erano stati chiusi a chiave e in segno di dispregio sulla porta era stato disegnato col gesso il simbolo che di solito con­trassegnava le sedi dei falliti. Questa vista infuriò Salvemini e fu il punto di partenza di una catena di riflessioni. La prima idea che gli venne in mente fu che i contadini non avrebbero dovuto permettere senza opporre resistenza che la loro lega fosse chiuso. Ma poi dovette ammettere che, essendo solo un piccolo numero di contadini possessori del diritto di voto, ed essendo il rivale di De Bellis un grande proprietario di terre sarebbe stato assurdo incitare i contadini a opporre violenza a violenza in una lotta che non li interessava direttamente. Solo dopo ottenuto il suffragio universale si potevano convincere i contadini a resistere ai mazzieri magari a colpi di falce.
Un'intervista con De Bellis risultò assai interessante. Da principio il candidato giolittiano sembrò turbato all'idea che Salvemini potesse mettersi a capo dei con-
l) II Ministro della malavita, p. 10. s) Il Ministro dello malavita, p. 11.