Rassegna storica del Risorgimento
SALVEMINI GAETANO
anno
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1951
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pagina
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104
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104 Libri e perlodiH
détto pensiero nella ricca vita ini cllet tua le. politica e sociale delle Napoli del Settecento. Calare dunque la storia delle idee nella storia dei fatti, in una complessa armonia di uomini e di cose, è l'iniettio difficile e profondo postosi dal Marini. E non si può dire che non vi sia riuscito.
Dopo un esame accorato e sottile del formarsi, tra la seconda metà del Seicento e la prima del Settecento, di un nuovo ceto intellettuale (cap. I), il cui orientamento politico fu di stretta dipendenza dal governo del Principe (cap. Il), l'au tore passa a trattare dclTanticurialismo e del giurisdizionalismo, prima nei cosidetti prc-giannoniani (cap. Ili) e poi in Pietro Giannonc (cap. IV), soffermandosi in particolare sul significato politico del loro pensiero (capp. Ili e V). I capitoli VI e VII sono dedicati all'esame delle influenze esercitate dal giannonismo nella pubblicistica auticurialistica, nell'opera di governo e nel generale pensiero politico del Regno nel Settecento. Il capitolo Vili ed ultimo infine tratta dell'esaurimento e della fine del giannonismo.
Forse il Marini ha un po' troppo irrigidito gli schemi di impostazione, che gli venivano suggeriti dalla Stona del Regno di Napoli di Croce e dai numerosi saggi storici dedicati dal grande Maestro al Settecento napoletano.
Ma pnr in questa rigidità o schematicità, che appare in alcuni punti <>, meglio, in alcuni passaggi del volume, sono dall'autore acutamente intuiti e profondamente svolti grossi problemi storici, che danno all'insieme dell'opera una non comune robustezza.
Il primo e fondamentale problema è quello della formazione di una classe politica autonoma ed indipendente, cioè del sorgere e dello svolgersi'di una coscienza politica nel ceto intellettuale napoletano rimasto diviso dalle altre forze vive, economiche e sociali, della borghesia. Per acquistare questa coscienza politica e affermarsi quindi come classe dirigente il ceto intellettuale napoletano avrebbe dovuto abbandonare, dopo l'iniziale connubio con il potere monarchico, il piano della collaborazione col governo del Principe ed affermarsi positivamente autonomo. Quando, nell'ultimo decennio del secolo, gli intellettuali napoletani vollero tentare ciò e si staccarono alfine dalla monarchia, non erano affatto maturi e naufragarono. Problema di élite politica si domanda il Marini . Certo, ma anche problema di base, sociale ed economica, di quella.
Il vigoroso attacco che anticurialismo e antifeudalismo conducono, in stretta solidarietà, contro la Chiesa temporale e il feudalesimo ancora dominante, volevano significare una decisa volontà di ascesa della classe intellettuale napoletana verso il potere politico. Ma la lotta appariva combattuta scrive acutamente il Marini più con la penna che con la spada, onde nella fugace esperienza della repubblica partenopea quella classe politica vide rarefatto il suo spirito di contatto con l'ambiente borghese in cui risiedeva la sua unica forza.
La crisi della classe dirigente napoletana, poiché la grande rivoluzione, in Francia come in Europa, non chiude un'epoca, ma, soprattutto, apre nuovi orizzonti, si ripercuòterà poi nella formazione della classe politica liberale dei primi decenni dell'Ottocento, e il Risorgimento nel Mezzogiorno sarà opera soprattutto di intellettuali con scarsa partecipazione popolare. BRUNO GATTA
ANGELO DE BENVENUTI, Storia di Zara dal 1409 al 1797 Milano, Bocca, 1944, in 8, pp. 386, con 37 ili. S. p.
Doveva esBcr piacevole godersi le conversazioni noi parlatorio delle abbadesse di Santa Maria e ricever da queste dono di mazzetti d'oro o d'argento e gustare saporosi buxzoUdj rafioi, parpagruKchi co la foia de oro, rosade, paradisetti, preparati dalle reverendissime mani. E chi amava le corse di cavalli non doveva trovar senza interesse lo spettacolo offerto in Calle Carriera, quando si disputava la corsa al bravio. nell'anniversario della dedizione di Zara a Venezia. Altri avrà preferito il trar d'arco o qualche