Rassegna storica del Risorgimento
SALVEMINI GAETANO
anno
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1951
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pagina
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118
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118 Libri é pr.riodm
Solo rendendoci conto, guidati dal Marazza, dell'ampiezza e della natura della partecipazione del clero lombardo alla rivoluzione del 1848, potremo comprendere come quella partecipazione abbia potuto, con altri fattori, impedire la formazione di un compatto partito cattolico antiliberale. Potevano uomini, non dico come l'abate Anelli, ma come uno Stoppani, un Airoldi, un Lega riconoscere facilmente di aver combattuto e affrontato la morte per una causa empia, quando anche Mona. Bononielli, che pur non aveva compiuto le loro imprese ricordava con nostalgia (in una lettera inedita al Cadolini) il periodo eroico del risorgimento italiano, si hello, si puro, sì glorioso?. Per i combattenti del radioso 1848 lottare contro il liberalismo al potere significava rinnegare il proprio passato. Se alcuni dei sacerdoti divorati nel 1848 dalla passione nazionale si schiereranno (come nions. Ballerini), di fronte al successivo svolgersi della rivoluzione, contro i liberali, altri appoggeranno invece il movimento liberale e costituiranno quella corrente di passagliani e rosminiani che avrà per alcuni decenni ima notevole consistenza numerica. I liberaleggianti diverranno però presto minoranza di fronte ai giovani sacerdoti fieramente intransigenti; ciò che li terrà lontani ed ostili ai giovani sarà appunto il ricordo del 1848, della lotta contro lo straniero per la libertà d'Italia.
Mezzo secolo più tardi, nel 1898, i moti milanesi riveleranno una realtà profondamente mutata rispetto a quella di un tempo; la situazione si è quasi capovolta: tutti come allora, più di allora, sono pronti a difendere l'indipendenza nazionale, ma il clero, nel suo complesso, non è più un valido appoggio per la monarchia sabauda e per l'esercito, per l'aristocrazia e l'alta borghesia liberali. Il generale Bava Beccaria, il repressore dei moti milanesi, scrive: Il giovane clero, che riceve le sue ispirazioni dall'Osservatore Cattolico, è ben diverso .da quello patriottico di un tempo; questo, anche al giorno d'oggi, spiega la sua azione benefica a soli scopi religiosi e morali, ma, oppresso dalle imposizioni degli intransigenti, è costretto a rimanere in disparte; il giovane clero invece, inocula il disprezzo al Re, all'esercito, alle autorità, e riesce allo stesso fine, potente alleato dei socialisti e dei repubblicani.
Basteranno questi accenni per additare l'importanza di problemi che si ripresentano con simili caratteri per le altre regioni d'Italia; le differenze tra una regione e l'altra saranno motivo di nuove feconde meditazioni. È quindi augurabile che l'esempio del Marazza sia seguito e che l'interesse si estenda dall'azione politico-militare del clero nel 1848 a quella ben più ampia e profonda da esso esercitata sulla vita spirituale e sociale dell'Italia dell'Ottocento.
Un serio studio-sopra un argomento affine è quello di Antonio Castellini che ha voluto applicare anche a questo campo quelle doti di intelligente ricercatore che aveva già rivelato nei suoi studi sulla Riforma cattolica. Sulla base di molti interessanti documenti finora inediti l'autore ci informa sull'entità e la natura dell'azione svolta dal clero bresciano; particolare interesse offrono le lettere scambiate nel gennaio e febbraio del 1848 da funzionari di polizia vivamente preoccupati dal contegno del clero.
FAUSTO Forar
FABIO LUZZATTO, Giuseppe Mazzini e George Sondi Milano, Fratelli Bocca Editori, 1947, in 16, pp. 226. S.p.
Fabio Luzzatto raccoglie in questo agile volume il carteggio intercorso tra il Mazzini e la Sand e lo illustra con frequenti richiami agli avvenimenti del tempo e alle fasi della vita dei due scrittori
La corrispondenza continua va dal 1847 al 1853; ma vi son state alcune lettere antecedenti (la prima del Mazzini ò del 10 dicembre 1842) e forse si ò perduta qualche lettera successiva: certamente se ne son perdute molte intermedie di quelle indirizzate al Mazzini dalla Sand. ciò che spiega la diversa misura delle une e delle altre. Infatti