Rassegna storica del Risorgimento

PILO ROSOLINO ; CORRAO GIOVANNI ; SICILIA
anno <1917>   pagina <846>
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Seceitaioni
Opera varia e complessa quantr altra mai, che andò dalle bonifiche maremmane, a cui si è già accennato, alla spedizione archeologica in Egitto e nella Nnbia diretta da Ippolito Rosellini ; dal migliora­mento delle comunicazioni stradali, ferroviarie e telegrafiche alla fondazione della Scuola Normale Superiore di Pisa sul tipo di quella di Parigi j dall* ampliamento del porto livornese e dall' incremento della marina mercantile alla creazione dell'Archivio di Stato, di cui fu primo sopraintendente il Bonaini. Né debbonsi dimenticare la ri­forma del Consiglio di Stato, il nuovo còdice penale, lavoro di somma sapienza giuridica, la riforma amministrativa e quella giudiziaria. Riflettendo alle belle ed utili innovazioni compiute da Leopoldo iì-in Toscana, pare quasi strano che esse" non siano valse a salvare il suo trono dalla rovina. Ma si sa che gli artefici della rivoluzione avve­nuta nei 1859 trovarono il maggior sostegno non nella maggioranza del popolo favorevole al granduca, ma in pochi e convinti liberali, che non gli seppero perdonare l'atteggiamento di remissività verso l'Austria tenuto dal 1847 in poi/
Anni di particolare importanza furono il 1849 e r altro che lo precedette nella storia del nostro risorgimento, e bene ha fatto 1* au­tore a dedicare una buona parte del libro ai fatti di quel periodo. In Toscana, e non solo in Toscana, si ruppe allora raccordo che era sempre esistito tra il principe e la parte colta e pensante del paese, si rese manifesta ì* impossibilita di conquistare e mantenere V indi­pendenza con una dinastia appartenente alla Gasa d'Absburgo, ed un solco profondo fu scavato tra il sovrano e le classi dirigenti, solco che nessuno sforzo fu capace di colmare. Per quel che riguarda Leopoldo II, è caratteristico a tal proposito ciò che avvenne nella sede della Legazione Sarda il mattino del 27 aprile 1859, quando Don Neri Corsini, marchese di Lajatico, reduce da Palazzo Pitti, portò la notizia che il principe era disposto a congedare il Ministero, a ripristinare lo Statuto e ad unirsi alla Francia e al Piemonte. Sapendo ohe questi tre punti formavano i capisaldi del programma liberale, ognuno si sarebbe atteso: he i capi del partito, raccolti presso il Boncompagni, li avessero, accettali, e si fossero posti d'accordo col granduca, che tanto bene aveva fatto al paese. Invece non solo i liberali più accesi, decisamente avversi alla dinastia, ma anche i moderati che 1* avrebbero volentieri conservata, come il Ridolfi, re­spinsero quel giorno le concessioni, e, manifestando la propria sfi­ducia in Leopoldo II, ne chiesero l'abdicazione con una specie di ultimakmi, che (tutti lo sapevano) né egli, nò altro sovrano, geloso della sua dignità, avrebbe potuto accettare. Questa osservazione sca­turisce evidente dai fatti, ed è strano che all' autore sia sfuggita.