Rassegna storica del Risorgimento

"MARCHE (LE) NEL RISORGIMENTO"; GIORNALISMO
anno <1951>   pagina <733>
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Libri e periodici 733
proprie passioni, la sorda freddezza e spesso la ostilità dei più iwrinyt è riposta la sua grandezza imperitura.
Acute notazioni, e in parte nuove, ha pur fatto Livio Pivano segnatamente intorno alla teoria sociale del Mazzini, teoria che fu causa, sin dal suo primo apparire, di vivaci polemiche, non peranco oggidì del tutto sopite. II pimctum saliens della concezione mazziniana, a detta del Pivano, è il dovere; ma il dovere non nega, come erroneamente si intende o, meglio, si vuole intendere dai calunniatori, il diritto ai diseredati dalla fortuna di conquistare il loro posto al sole. H diritto nasce dall'indi­viduo e può diventare sopraffazione: esso si afferma unicamente nella armonizza­zione di ogni compito assolto socialmente dalla collettività umana a beneficio del­l'interesse comune. Il dovere nasce dalla socialità ed è apporto di ognuno al diritto della collettività. Il pensiero sociale del Mazzini armonizza così il cittadino che resta sovrano del suo spirito fatto ad immagine di Dio con la società. In fondo il problema sociale è il problema della libertà: problema unitario e basilare che affiora per il Mazzini in ogni settore dell'attività umana e che potrebbe dar argomento ancor oggi ad una opportuna revisione.
Il concetto di democrazia nel Mazzini è stato posto in ottimo rilievo da Antonio Falchi: democrazia essenzialmente nazionale, che non deve oltrepassare la nazione né realizzarsi per altro in limiti più stretti. Al di là della nazione vi possono essere intese tra nazione e nazione, e anche collaborazione; ma il Mwfr'n con concepisce una volontà politica che non sia quella del popolo, ossia di una collettività di esseri simili per comuni aspirazioni, per comune cultura, per comune concezione della vita: in una parola, per comune civiltà. Lo spirito politico è lo spirito del popolo cosi inteso; e la coesistenza internazionale non è che accordo di volontà nazionali.
Poste queste premesse, la democrazia non può fondarsi sul concetto di classe, perchè niente più dello spirito di classe vale a dividere gli uomini e a rompere l'unità nazionale. La classe non è che riunione di individui sotto il punto di vista dell'inte­resse e come tale esaurisce la ragione della vita politica nella conquista del benessere materiale. La democrazia, in una parola, non è che sovranità nazionale', il popolo che ha l'intuito divino della stòria ha il diritto di farla e di guidarla. Il popolo nella sita unità.
Acuta anche la valorizzazione, nel discorso di F. Perri, dell'apporto del Mazzini alla elevazione materiale e morale delle classi lavoratrici in contrasto con le critiche contro di lui sollevate in ogni tempo dai partiti estremisti. Non meno di Marx egli tese alla redenzione radicale del lavoro umano dalla schiavitù del capitale; e se egli non ebbe la visione universale della irresistibile forza del movimento operaio, che ebbe Marx, perchè troppo legato al suo apostolato nazionale, è però stolto sostenere che si sia opposto aR1 Internazionale perchè (dicono gli avversari) aveva qualcosa di comune la di lui dottrina con le intenzioni e gli interessi delle classi conservatrici. Le divergenze furono di ordine esclusivamente morale; e dal popolo abbeverato di teorie distruggitrici (son parole del Mazzini), al quale si strappa dal cuore l'idea di Dio, della Patria, della famiglia e della proprietà, non può venir fuori ohe il disordine utopistico e sanguinoso della Comune. Non si deve dimenticare che ai primi nuclei delle associazioni operaie diedero le direttive i mazziniani. Tale, in breve, il succo dell'interessante dissertazione.
La tm""a dello spazio non concede di soffermarsi oltre, che molto altro ancora di buono si potrebbe spigolare dalle pagine del ricco volume: ma non posso tacere della dotta esposizione di A. Poggi sui riflessi della etica kantiana sull'etica del Mazzini (è risaputo che Kant influì non poco sulla formazione spirituale del grande Genovese); né delle giuste considerazioni del Bcmporad sull'estetica mazziniana, costretta spesso dentro norme tiranniche etiche politiche sociali, ma sensibile e geniale quando il critico si affida al sito profondo sentimento umano o riscontra nell'autore studiato gli ideali che gli sono più cari; né dell'alata orazione di Michele Saponaro, tutta percorsa da