Rassegna storica del Risorgimento

"MARCHE (LE) NEL RISORGIMENTO"; GIORNALISMO
anno <1951>   pagina <735>
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Libri e periodici 735
e studi, da. quelli del Sonnino a quelli del Fortuna io alle inchieste parlamentàri, ohe si aspiravano ad un certo naturalismo sociologico economico-politico, ovvero in studi che toccavano prevalentemente l'aspetto sodale-giuridico, o economico giuridico, come si preferiva dire, negli scritti del Salvioli e di altri. Alcuni fruì ti sul piano sto­riografico di quelle indagini non erano mancati nell'ultimo venticinquennio specie per la storia del Settecento siciliano per opera del Pontieri. Ma per il Risorgimento, at­traverso quelle suggestioni pubblicistiche e il contatto ora con le altre provenienti dal meridionalismo pia avanzato di Dorso e di Gramsci, solo nel libro del Romeo giun­ge per cosi dire a maturazione il problema più importante, mi pare, e la questione cen­trale nella fase attuale degli studi storici della storia siciliana del secolo XIX.
Il nesso determinato e cara tterizzatore del Risorgimento siciliano, nel quadro della storia nazionale e al confronto di quella europea, ha infatti il suo nucleo, per quanto riguarda la classe dirigente come scrive appunto il Romeo (p. 306) in quel fatto di importanza fondamentale , nella storia dell'isola che è stata l'alleanza e la collabora­zione, evidente a cominciare dal 1848, fra la ancora debole borghesia isolana e una ari­stocrazia invia di trasformazione e di lento imborghesimento. Riandando alle origini e ai motivi di comune interesse che via via questa alleanza preparavano, e chiaren­done alcune caratteristiche particolari, come la comune avversione alle rivendicazioni contadine, il R., in una sintesi vigorosa nei suoi tratti fondamentali, ha potuto indi­care abbastanza chiaramente la causa che ha impedito nell'isola la Rivoluzione con­tadina che poteva essere un fatto storico di grande contenuto innovatore J democra­tico (p. 384); e che dopo il 1860, ha fatto conservare un carattere retrivo alla vita economica e sociale dell'isola, e infine, secondo l'A., sul piano politico, a differenza che altrove, ha determinato la tendenza di ogni regime liberale e degenerare in Sicilia nella dittatura dei ceto dirigente e nella tutela del privilegio (p. 306).
Come tutto questo si' sia venuto preparando nello svolgimento intellettuale e nello sviluppo della vita economica dell'isola, a cominciare dalla seconda metà del Set­tecento, il R. ha illustrato nel suo libro attraverso una notevole ricchezza di documenti riguardanti la vita economica, e con costante e appassionata attenzione rivolta ai moti morali e spirituali del ceto dirigente, il cui profilo e sviluppo ci sembrano assai effica­cemente disegnati, da questo punto di vista, soprattutto nel capitolo Vili. Tuttavia la ricerca di struttura economica e quella sul carattere della direzione intellettuale e morale, che nelle pagine del Romeo sono tenute in costante rapporto, finiscono tal­volta per lasciare un pò* troppo nel fondo quello della direzione politica. Sicché questo ceto dirigente siciliano si presenta, nel libro del R., nel suo aspetto di ceto dirigente intellettuale e morale e nella sua base di interessi economici piuttosto che come ceto diri­gente politico, che si serve di determinati mezzi e forme di direzione politica, che non sono semplicemente quelli della direzione intellettuale e morale, e nemmeno, come sem­bra incline a ritenere il R., soltanto i ristretti interessi economici immediati; il che sa­rebbe un porre un limite forse troppo forte di capacità di questa classe dirigente (che una classe dirigente non, è tale, se interpreta solo i ristretti interessi economici ai quali è direttamente legata) e riservare sostanzialmente e interamente, se bene intendiamo le pagine conclusive del volume del R., la funzione di direzione politica al ceto diri­gente settentrionale. Poiché non si può considerare il ceto dirigente siciliano, come l'intero libro stesso del R. ci mostra quale un Blocco omogeneo, elemento che si inserisce con le sue caratteristiche e i suoi limiti in un blocco maggiore, quello del ceto dirigente nazionale ( con le ben note conseguenze sulla struttura del ceto dirigente dell'Italia unitaria che nella sua ala meridionale vanterà di alcune delle maggiori figure del mondo liberale italiano, ma avrà in genere un carattere meno liberale, più fiacca coscienza politica, minore attitudine e preparazione alla vita moderna a sentirne i problemi e a volgerne x progressi a vantaggio proprio e della propria regione p. 348) giacché il ceto dirigente nazionale si forma, come la politica dei moderati