Rassegna storica del Risorgimento

"MARCHE (LE) NEL RISORGIMENTO"; GIORNALISMO
anno <1951>   pagina <743>
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Libri e periodici 743
doveva essere affrontato solo con mezzi di polizia. E ancora gli fa colpa di aver rifintato nell'agosto del 1922 di tornare a Roma per fronteggiare risolutamente il fascismo, ove non fosse rientrato nella legalità costituzionale, con i mezzi pia decisi e risollevando in ogni modo l'autorità dello Stato dal collasso in coi' la si era lasciata cadere.
Se non ci sospingesse la lunga via, sarebbe cosa indubbiamente utile far conoscere al lettore l'atteggiamento precisamente tenuto dall'oli. Gìolitti durante il periodo tra­vaglioso della nostra neutralità allo scoppio della prima guerra europea, su cui si soffer­ma il Solari con deliberato proposito, e come questi giudichi la condotta del governo Salandra, non rispondente punto, per lui, né olla formula del sacro egoismo né alla sal­vaguardia degli interessi nazionali. Riferirò solo due particolari: che Fon. Salandra non informò mai Fon. Gìolitti che l'Italia avesse firmato il Patto di Londra e stipulato im­pegni definitivi con le Potenze dell'Intesa, e che non si rammaricò certo quando si scatenò contro il collega la piazza e quando gii impiegati, con la tolleranza del Governo stesso, si pronunciarono contro i loro capi: tolleranza (opina FA.) che aprì la via in Italia, assieme con l'intervento permesso alla folla contro il Parlamento, al mal costume politico, da quel giorno sempre aggravatosi, e all'esautoramelo to degli istituti parlamentari .
SulFandamento della guerra, il Soleri, che vi prese parte valorosamente come volontario (ferito nell'assolto del Monte Vodiee, per il suo splendido comportamento si meritò la medaglia di argento) dedica dne lunghi capitoli interessantissimi segnata­mente per la rivelazione dei retroscena politici dei quali egli fu testimone.
Gon il ministero Salandra (afferma FA.) il Comando Supremo era e sovrano e don­no, salvo poi a essere svalutato in piena Camera per salvare le sorti del ministero. Tipico il caso del colonnello Douhet, uno degli nomini piò intelligenti che vi fossero nell'esercito italiano, il cui processo fu l'occasione propizia per colpire il ministro Bissolati, per disfarsi del suo controllo e per troncare alla base ogni velleità diingerenza del governo nella zona di guerra. Il Comando Supremo in guerra (osserva giustamente il Soleri) è superiore a tutti, salvo che al governo, dal quale ripete i poteri. Il generale Cadorna, che volle personalmente vigilare tutto il corso del processo, confermò in quella circostanza la caratteristica della sua personalità, e cioè una tenace e indomabile volontà, non pari però olla sua intelligenza, che fa quella di un egocentrico, al quale nulla mai insegnavano le cose e che, in caso di insuccesso, riteneva che non lui, ma fos­sero invece gli avvenimenti ad avere torto.
Della genesi del fascismo il Soleri discorre pure lungamente, con avveduta e medi­tata conoscenza intima dei fatti. Egli era di avviso che, annunziata la marcia su Roma, la proclamazione dello stata d'assedio avrebbe senz'altro rotto i ponti con il fascismo; perciò sostenne, come ministro della guerra, nella famosa notte dal 27 al. 28 ottobre, il suo punto di vista nel consiglio dei ministri, cui presentò per l'approvazione lo schema de] manifesto che egli aveva di già preparato prima della seduta.
Come è noto, il Re non vi appose la firma, benché il consiglio unanime avesse approvato lo schema proposto dal Solerà; ma questi accerta che la colpa deve ricadere hi massima parte sul ministro Facta, che, pallido e agitato durante la discussione (tanto che si dovette accompagnarlo all'automobile per fargli animo dovendo comunicare al Sovrano la decisione ministeriale) dimostrò apertamente di temere un intervento armato cruento, illuso, nella sua piccola mente, di una soluzione di compromesso; indubbiamente, poiché poco dopo ritornò dal Quirinale con le mani vuote, deve avere egli stesso consigliato 0 Re a non firmare. Continuava cosi l'opera d'imbonimento esplicata sul Facto do Mussolini, con scarsa lealtà, attraverso Michele Bianchi, opera che aveva già smorzate sino allora tutte le resistenze alle violenze e alle invasioni fasciste.
L'atteggiamento successivo del Re di fronte al fascismo fu, secondo il Soleri, perfettamente concorde con il suo animus politico, che consistette soprattutto nel