Rassegna storica del Risorgimento

MAZZINI GIUSEPPE ; GIORNALISMO
anno <1952>   pagina <51>
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Avventure è disavventure di gerenti, ecc. 51
Vi fu un certo tempo in cui quattro Gerenti si trovarono contemporaneamente arrestati. Savi era condannato a dieci anni di galera, e l'accusa principale fattagli dal­l'avvocato regio era quella d'essere direttore dell'Italia del Popolo ...
Non è doveroso perciò per le parole stesse dell'Apostolo dell'Unità italiana ricordare almeno, accanto a quello del direttore Savi,i nomi di quei gerenti del gior­nale che maggiormente ebbero a soffrire di questa persecuzione da parte dell'auto­rità? Ed ecco, cosi, Bartolomeo Ferretti, ed ecco, insieme a lui, Giuseppe Rebora, Ge­rolamo Mamme, Severino Asti e Antonio Lercari,
La provenienza di questi gerenti, la loro personalità morale è diversa. In un pri­mo tempo essi per quanto possibile furono scelta con criteri, per così dire, di selezione; in seguito, data la frequenza con cui il giornale veniva ad essere privato della loro opera a causa dei mandati di arresto spiccati contro di essi, non si potette certo andare molto per il sottile: bisognò accontentarsi anebe di qualche elemento non del tutto in regola con la giustizia. Ma l'incarico che essi assumevano, le conseguenze che essi su­bivano non si può pensare abbiano costituito la riabilitazione più bella di'certi trascorsi più o meno scabrosi? Comunque, se vi fu qualche caso di questo genere, vi fu, d'altro canto, la serie ben più numerosa dei gerenti il cui passato non parlava altro che di one­sto lavoro, che nulla diceva di diverso di una onorata povertà. Cosi Giuseppe Pavesi, nativo di Arizzano presso Intra, compositore tipografo, in età nel 1851 di ventotto anni, era tutt'altro che limitato di intelligenza non disgiunta a singolare fermezza d'animo. *) Domenico Sanguineti, genovese, incensurato, si presentava come un gio­vane serio e meditativo, e Achille Pozzi, tortonese, era elemento che per condizione sociale e grado d'istruzione meritava una certa considerazione. Lo stesso non poteva dirsi invece per Andrea Pisano, che diceva egli a per vivere nella sua estrema Vecchiezza mancando di ogni mezzo aveva dovuto porsi a fare il gerente del giornale: ottantun anni egli aveva infatti quando assunse tale incarico, e la sua vita passata di ex inserviente nelle carceri non poteva davvero dirsi del tutto priva di ombre. Una condanna, tanto lieve quanto singolare per le ragioni che l'avevano determinata, ap­pariva poi sulla fedina penale del gerente succeduto al Pisano, certo Francesco De Negri - poverissimo lavoratore dal mestiere non ben definito, carico di famiglia il quale risultava colpevole di aver una volta, nel corso di una baruffa, morsicato un dito all'avversario. Pienamente in regola con la giustizia risultava invece il primo ge­rente de L'Italia del Popolo, il nizzardo Bartolomeo Ferretti, pur egli modestissimo lavoratore in condizioni di particolare indigenza, mentre qualche precedente penale più che altro forse per cosi dire per vivacità di temperamento (sì trattava infatti di condanne per lesioni) avevano coloro che a lui seguirono nell'incarico, il tipografo Giuseppe Rebora, e lo spegazzino Gerolamo Marcane. Di Severino Asti e di Antonio Lercari, che furono nell'ordine, i due ultimi gerenti del giornale mazziniano poco si ha da dice BC non che il primo di essi, un povero sciancato senza occupazioni precise, ora talmente illetterato da non sapere quasi tracciare la propria firma, ed il secondo, per quanto elemento onestissimo, non aveva dalla sua probità saputo trarre tanto almeno da procurarsi una domicilio e dimora conosciuti.
La serie dei gerenti del primo quo Udì ano mazziniano genovese (L'Italia e Popolo e L'Italia del Popolo possono infatti ben considerarsi tult'nno) è dunque alquanto varia e perii numero e per le cara t turisti che dogli elementi ehe la compongono. Tra di
') Cfr. P. RONI, La stampa nazionale italiana (1828-1860), Prato, Tip. Alber­ghetti, 1862, p. 47.