Rassegna storica del Risorgimento

1849-1859 ; TOSCANA
anno <1952>   pagina <71>
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Libri e periodici 71
profonda esperienza di vita facilita la comprensione del passato, non ci può sor* prendere il favore che incontrano, oggi, gli studi sull'Italia giacobina. E non è -solamente l'analogia del violento contrasto ideologico, della intolleranza politica, della profonda scissione morale che ci dovrebbe fare più felici interpreti, ma desta, ora, in noi maggiore commozione il dramma di quella generazione, che assistette al tramonto di una concezione della vita; fu testimone del crollo di un vecchio mondo, vissuto fin lì senza scosse all'ombra di secolari istituti; provò insieme lo smarrimento per l'incerto avvenire e la speranza di una più fraterna e più libera convivenza. Ci sentiamo, oggi, assai più. vicini ai nostri tormentati avi e più facil­mente ne comprendiamo i terrori, le vigliaccherie ed i doppi giuochi, così come, più. consapevolmente ne ammiriamo le eroiche passioni e gli ingenui entusiasmi.
Alle vicende giacobine di Verona è dedicato il presente lavoro, che è basato su di un abbondantissimo materiale sagacemente ritrovato negli Archivi di Stato e nelle Biblioteche di Venezia, Verona, Padova e Milano. L'autore non ha resistito alle lusinghe della ricca messe documentaria che aveva raccolto, ed ha qualche volta sacrificato per la ricostruzione erudita una più profonda interpretazione di Quegli avvenimenti, che ebbero, come è noto, la loro esplosione violenta nelle Pasque veronesi. A questa insurrezione, che fu tra i primi sanguinosi segni della incomprensione delle masse per le idealità giacobine, il Fasanari dedica solo qual­che accenno preferendo, giustamente, soffermarsi sugli aspetti meno conosciuti o del tutto ignorati della crisi dell'antico regime, quale sì manifestò in Verona. Ne ricerca, perciò, le origini nei primi tentativi di aprire a Verona logge massoniche, tra il 1785 ed il 1792, ed insegue, con molta minuzia, le prime timide infiltrazioni di eresia giacobina fra i fedeli sudditi veronesi della Serenissima. Tra i veicoli di diffusione dell'infezione è singolare scoprire anche qualche emigrato sceso a Verona al seguito del conte di Lilla. Né Venezia rimase inerte di fronte al peri­colo, come dimostrano le carte degli Inquisitori di Stato, che ci danno diffusi par­ticolari dell'attività dei giacobini o presunti tali. Tra le rivelazioni dei confidenti, particolare importanza per la storia della Verona giacobina rivestono le rif erte , che Francesco Agdolfo inviò agli Inquisitori con lodevole costanza dal 1784 al 1797 e che erano state in parte utilizzate dal Kovalewsky (La fin d'une aristocratie, Torino, s. a.).
Anche a Verona, i fautori della rivoluzione non sono da ricercare tra le classi popolari, ma nella borghesia: medici, avvocati, ufficiali. Troviamo anche rappre­sentati i nobili e gli ecclesiastici. A capire hi partecipazione dei nobili ci soccorre in questo caso una ragione particolare: il disprezzo ostentato dalla oligarchia vene­ziana per i nobili provinciali li rendeva più proclivi a quelle novità che tornassero in danno di Venezia. Ma come spiegare, anche a Verona, la presenza di una pic­cola, ma non trascurabile schiera di sacerdoti? Influssi giansenistici? O soltanto indisciplina e scarsa formazione spirituale? Come per altre città e per altre regioni, dove il fenomeno si ripresenta, diffìcile è orizzontarsi ed ardua appare hi ricerca. L'autore, con dovizia di particolari, ricostruisce l'ambiente, l'organizzazione e l'attività della Società patriottica (che non esce dalla linea dei vari chtbs che hanno cosi vasta diffusione nel triennio giacobino) ; esamina i rapporti ed i contrasti tra la Municipalità, nella quale prevalgono i moderati, e la Sala patriottica, i cui fre­quentatori sono più inclini all'estremismo ; studia ed analizza i risultati della diffi­dente politica delle Municipalità della Terraferma veneta nei confronti dell'ex-Dominante e la lunga penosa opera dei giacobini più illuminati, che attraverso i congressi di Milano, di Cassano e di Venezia si sforzarono di arrivare all'unica soluzione logica: la fusione con la Repubblica Cisalpina. Nuoce alla narrazione, forse, una eccessiva schematizzazione, ma non si può negare la sicurezza e la ric­chezza della informazione, È naturale, poi, che l'autore preferisca attardarsi sugli avvenimenti/locali, trascurando un poco l'inquadramento con i grandi eventi diplo­matici (preliminari di Leoben, trattato di Campoformido, congresso di Rostadi).