Rassegna storica del Risorgimento

1859-1860 ; VENETO ; VILLAFRANCA
anno <1953>   pagina <13>
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H FONTI E MEMORIE HM
I IL PROBLEMA VENETO DOPO VILLAFRANCA I
All'indomani dell'armistizio di Villafranca, che con la sorpresa scon­volse la diplomazia e smarrì gli animi dei patrioti, alla lusinga di speranze, alquanto esagerate, forse inconsulte, certo premature, di una totale libera­zione, non dico d'Italia, almeno delle proviucie settentrionali, subentrò 1 orgasmo dell'ansia, l'amarezza della delusione, il terrore delle conseguenze. Le sacrosante aspirazioni di buona parte degli Italiani, che daa nni lottavano per la propria redenzione, quelle dei Veneti, che nelle carceri maceravano indomiti la nobiltà del loro ideale, nell'esilio sopportavano le sofferenze mate­riali e morali di una vita precaria e randagia, in patria custodivano fra tor­ture e persecuzioni la fiamma dell'amor patrio, ancora una volta erano sacri­ficate alle esigenze di cupidigie dinastiche e di interessi sociali, mascherati da superiori convenienze di ordine e di equilibrio europeo.
Del disagio diffuso tra le popolazioni delle provincie venete si erano resi sollecitamente interpreti i membri più influenti dell'emigrazione veneta residenti a Torino con la presentazione, il 14 luglio, al conte di Cavour, ancora Presidente del Consiglio, di un caloroso e angosciato indirizzo di protesta contro il misconosciuto diritto dei Veneti, reclamando una tempestiva ripa­razione al torto, che nuovamente incombeva dolorante sopra le provincie venete. *) Gli uomini, che si erano assuntila responsabilità di questo compito, erano superstiti dell'azione quarantottesca,s) e, se pur avevano abbandonato lo spirito rivoluzionario, che aveva animato l'ardente fede delle prime espe­rienze, giudicandolo sempre funesto ed inutile spesso , e preferivano alla azione delle armi 9) il procedimento della legalità diplomatica, che preve­nisse i danni di un nuovo incendio, che stava per divampare, si riallacciavano
1) Della compilazione della protesta veneta, che più tardi fu ripresentata alla rappresen­tanza diplomatica straniera residente a Torino, era stato incaricato il Tommaseo. Ma le sue idee, sìa pur temperate, non concordavano con quelle degli altri compagni di sventura, i quali ritennero sconveniente porre l'accento, con acerbo rimprovero, sopra l'impegno assunto da Napo­leone Ili e sopra i compiti dei veneti di fronte alla delusione patita. Forse a taluno anche spiacque la soverchia tiepidezza e prudenza nelle espressioni di omaggio e di adesione alla poli­tica piemontese, usate dal Tommaseo (sebbene egli ami sottacere la censura): certo è che il testo formulato dai Tommaseo, con suo profóndo rammarico, come poi espresse pubblicandolo postu­mo (cfr. TOMMASEO, // seconda esilio, Milano, F. Sanvito, 1862, voi. Ili, p. 441 segg.), non fu ac­cettato dai colleghi e sostituito con quello di incondizionato adesione ai principi di fusione. Ve­dine il testo italiano, quale fu presentato al Cavour, in SOLITHO, V'emigrazione veneta dopo Villa' fianca, in Rassegna slorica del Risorgimento, a. XII ( 1025), p. 826 scg., e il testo francese, quale pio tardi, con varianti di poco conto, fu presentato ai residenti stranieri a Tonno, in BABBIEUA, Oli emigrati veneti e la diplomazia, in Rassegna storica del Risorgimento, a. IV (1917), p. 463 BCg.
2) Tra i firmatari figuravano C. B. Ciustinian di Venezia, Alberto Cavalletto di Padova, Sebastiano Tccchio di Vicenza, Giuseppe Clementi di Verona, Prospero Antonini di Udine, Guglielmo d'Onigo di Treviso, Bernardo Bernardi di Rovigo e Luigi de Stefani di Belluno. Non figurava il Tommaseo, per il dissenso da lui manifestato circa Io schema dell'appello, e gli nitri, che condividevano lo sue idee,
*) Cosi nell'appello indirizzato al Cavour del 14 luglio sopra citato (Sot.rnio, op. cit., p. 828).