Rassegna storica del Risorgimento

1859-1860 ; VENETO ; VILLAFRANCA
anno <1953>   pagina <14>
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Roberto Cessi
alla tradizione pia moderata e conciliativa del 1848, della quale erano anche stati artefici ed ora erano fedeli esecutori.
I vecchi repubblicani, tenaci avversari di una soluzione dinastica del problema italiano, o erano scomparsi, come Manin, o erano assopiti in sde­gnoso silenzio, come Castellani.*) Gli agitatori di oggi erano le medesime persone, che nel 1848 avevano aderito direttamente o indirettamente al voto di fusione ed avevano appoggiato in Venezia e nelle provincic la politica dell'incorporazione delle provincic venete nel regno sardo, accedendo alla concezione del regno dell'Alta Italia. 2) Ed ora a quel voto si aggrappavano disperatamente, invocandolo come una ragione insopprimibile di diritto avvalorata dal suggello morale di un decennio di sacrifici, dalla costanza di affetto verso il Piemonte, dalla fraternità perfezionata nella comune sofferenza tra Veneti e Lombardi, inseparabili dal Piemonte, fiduciosi nel patrocinio del fedele e intrepido nostro Re e nella sapienza e nell'immu­tabile calore del governo piemontese. '
Essi abbracciavano ed accettavano con convinzione la soluzione del regno dell'Alta Italia, come quella, che, assicurando il conseguimento d'un desiderio e d'un bisogno, più che decenne, e che si confonde con quello me­desimo della vita , poteva anche garantire, secondo il precetto giobertiano, la pace dell'intera penisola. *)
La soluzione piemontese della crisi dolorante, attuata non per atto rivo­luzionario, ma sul piano diplomatico, per accordo europeo, pareva, a chi aveva la mente occupata da tenace pregiudizio municipale, l'unico modo per soddisfare l'esigenza della propria terra natia e nello stesso tempo dare stabile assetto a tutto il problema italiano. s)
Nel primo istante, quando ancora non erano note le condizioni stipulate nella notte tra l'I 1 e il 12 luglio a Villafranca, e non era neppur nota la crisi sarda a quelle conscguenti, in molti viveva la speranza, che l'annunciato perìcolo dell'abbandono del Veneto potesse esser scongiurato dall'energico intervento del governo sardo (dal Re al Cavour) e sanato dal volontario concorso diplomatico dell'Europa. Ma poi, venuta meno tale fiducia per gli impegni assunti dalla Francia e per l'orientamento della politica piemontese, che, pur con restrizione mentale, aveva accettato i postulati di Villafranca, gli iniziatori dell'appello sentirono la necessità di trasferire l'azione diretta dall'ambito piemontese a quello europeo.
1) Cfir. sul Castellani ed il suo ritiro in Toscana dopo il crollo della Repubblica Romana, M. CESSI DRUDI, Un patriota veneto del 1848, G. B. Castellani, in Arch. Veneto, s. V, voi. XLII, p. 161 segg.; It. CESSI, La crisi del mazzinianismo dopo il crollo della-Repubblica Romana, in Atti Ist. Veneto S. L. ed A., t. CVT1I, p. 96.
2) Cfr. RICOBON, Gli eletti alle assemblee veneziane del 1848-49, Venezia, Ferrari, 1950, pp, X segg.
s) Appello a Cavour, 14 loglio cit. (SOMTRO, op. cit., p. 828).
4) Appello a Cavour cit., (SOLITHO, op. cit., p. 828).
5) E però in questo gruppo di patrioti si riscontra uno continuiti spirituale ira la posizio­ne politica del '48 e quella del '59, e net corso degli avvenimenti di quest'anno riappare l'espres­sione politica moderata giù matura, fuor] d'ogni equivoco, checché pensi il De Ruggiero (Storia del liberalismo europeo, Bari, Laterza, 1945, ed. Ili, p. 336 segg.), nel '48. II fruito migliore della crisi del '48, maturato, secondo il Da Ruggero, dal 1849 al 1859 non sta in una presunta mutata intonazione del programma moderato, ma nel ripiegamento della democrazia, o almeno di una parta di democratici e di repubblicani, aderenti alla soluzione dinastico-costituzioualc, ohe costituì il presupposto Immutato del moderatismo del Risorgimento.