Rassegna storica del Risorgimento

1859-1860 ; VENETO ; VILLAFRANCA
anno <1953>   pagina <24>
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Roberto Cessi
Senza più tener parola dell'atto di fusione del 1848 o senza sollecitare l'unione al Piemonte, prospettive opportunamente sottaciute, i presenta­tori dell'indirizzo indugiavano sulla manifesta volontà di indipendenza, chiara­mente espressa dai popoli veneti, e denunciavano l'iniqua oppressione remota e prossima esercitata dal governo austriaco sopra le provincie occupate, le estorsioni, le repressioni, le persecuzioni recenti, l'intollerabile condotta e il regime di terrore instaurato dopo il ripristino dell'antica amministrazione a seguito dell'accordo di Villafranca, e richiamavano l'attenzione della diplo­mazia internazionale sopra i perìcoli, che questo stato di cose preparava alla quiete di Europa. Non creda Europa che la Venezia vi si rassegni , ]) essi ammonivano, e i soprusi e le angherie consumate erano nuovi fomiti alla giusta ira de Veneti , e avrebbero reso la guerra ancora più accanita col nostro nemico . E con maggior vigore rincalzavano: La Venezia tornerà da capo, se l'Europa non le viene in aiuto: tornerà da capo e più fiera e indo­mita di prima durerà nella lotta, finché non avrà l'indipendenza, ch'è suo diritto e suo supremo bisogno . *)
Il problema veneto era problema italiano, dal quale era indissolubile; il problema italiano era problema europeo e minacciava la pace di Europa, fino a che non avesse trovato legittima soluzione con l'eliminazione delle cause e dei mali, che lo ostacolavano.
La vera causa del male era riconosciuta nell'Austria; la sua influenza in Italia, ribadita con le restaurazioni tollerate dalle clausole di Villafranca, la sua presenza nella Venezia e il possesso di una formidabile posizione mili­tare, a essa concessa nel quadrilatero, riproponevano all'Europa integral­mente il problema italiano, e lasciavano irresoluto quello dell'equilibrio euro­peo, che dalla pace di Villafranca non era ristabilito. 3)
Un prossimo congresso europeo avrebbe avuto la capacità di correggere l'errore? Gli interpreti delle aspirazioni venete lo speravano e lo auguravano, convinti come erano, che, se i patti di Villafranca non fossero stati mutati e alla Venezia non fosse stata restituita la indipendenza assoluta dall'Austria, nuovi torbidi e nuove guerre avrebbero turbato la tranquillità europea. La Venezia e le altre parti d'Italia erano pronte e decise a ricorrere a mezzi estremi, per rivendicare il loro incontestabile diritto. 4)
Con questo ripiegamento i capi degli esuli si ripromettevano di con­ciliare le avverse tesi, che minavano l'unità del movimento politico dell'emi­grazione, inserendo il problema veneto nel più ampio panorama dell'interesse europeo, senza' pregiudicare la soluzione finale. D'altronde, facendo appello alla diplomazia europea, era impolitico, come aveva giustamente rilevato l'Avesani, *) richiamare un principio, che quella mai avrebbe potuto accogliere
Intendevano forse con ciò di rinunciare alle prospettive, che avevano ispirato e il primitivo indirizzo e il successivo mandato ? Non par probabile, se pochi giorni dopo, rivolgendo il saluto e il plauso ai delegati di Parma, Modena e Piacenza, che recavano a Torino il voto di unione al Piemonte,
J) Indirizzo, di., p. 6; BAIIHIEHA, op. cit.. p. 476. z) Indirizzo, ett,, p. 7; BABBIEBA, op. ciu. p. 476. 3) Inabisso, cit., p. 9; BABBIEBA, op. c/7., p. 477. *) Indirizzo, eU. p. 10; BABBUERÀ, op. citi-, . 477 aeg. 5) Vedi Appendice, n. 1.