Rassegna storica del Risorgimento
1859-1860 ; VENETO ; VILLAFRANCA
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1953
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Roberto Cessi
trale* cui arrideva più assai che al Veneto il coronamento delle profonde aspirazioni unitarie, al diniego di ipotetiche riforme amministrative e costituzionali in favore delle provincie venete promesse dall'onnipossente dominatore austriaco.
Come gli Italiani delle altre regioni non potevano in nessuna maniera rinunziare alla libertà della Venezia, così questa non poteva far mercato della servitù dei propri fratelli per lucrare il sollievo di dubbie concessioni, ohe, elargite oggi o ieri, domani potevano esser revocate con disprezzo d'ogni fede, secondo un costume politico ormai inveterato.
Non disforme era il parere del Paleocapa, che più degli altri viveva appartato da contatti di uomini politici, amareggiato e pessimista di persone e cose.1)
Poco persuaso delle asserite buone intenzioni napoleoniche, annunciate con, molte reticenze dal Pasini, egli non dissimulava la sua sfiducia, più profonda che quella del collega, nell'operato dei Comitati di emigrazione e la recisa avversione all'iniziativa diplomatica di questi.
Egli aveva avversato fin dall'inizio la condotta dei Comitati, la quale, se poteva avere una giustificazione prima del congresso di Zurigo, dopo la firma del trattato del 10 novembre, che decideva definitivamente delle sorti della Venezia, appariva per lo meno inutile. Chi s'illudeva di poter influire sopra un nuovo congresso, dato che fosse convocato, e soprattutto di riuscir per suo tramite a modificare lo statuto di Villafranca, ratificato a Zurigo, perseguiva fantasmi. 2)
II Paleocapa augurava a se stesso di ingannarsi, e ardentemente auspicava che i fatti lo smentissero, perchè una sicura smentita avrebbe dischiuso un raggio di speranza, verso la realizzazione di un sogno coltivato con tanta passione. Ma uno spregiudicato esame della situazione lo sospingeva nell'ombra di nero pessimismo e di grande incredulità. Senza convinzione riconosceva doveroso non rinunciare ad ogni tentativo, ed egli si era volentieri associato alla proposta del Pasini di deferire a persona competente e autorevole il compito di seguire i lavori del prossimo congresso a titolo privato, nella qua! veste il delegato avrebbe avuto maggior libertà d'azione e miglior capacità di esercitare la dovuta influenza. Se non che l'interferenza, pretenziosa e incoerente dei Comitati, che s'arrogavano un diritto di rappresentanza, che non avevano, ed assumevano atteggiamento di inutile esibizione compromettente, Io aveva irritato al punto da declinare sdegnosamente ogni ulteriore interessamento, reiterando il senso di disistima e di sfiducia, che aveva sempre nutrito verso l'operato dell'emigrazione.
Il Pasini, sebbene non fosse contrario all'invio di Deputazioni ufficiali a Parigi, riteneva che fosse necessario accordare ad esse un mandato ampio per adattarsi alle circostanze. Il Paleocapa invece, che ostentava il suo isolamento politico, pensava che non si dovesse conferire alcun mandato ufficiale a nessuna Deputazione, ma convenisse rimettersi all'iniziativa personale e privata di uomini atti ad influire, per la loro autorità, sópra la situazione.
Per quanto più tardi dovesse smentirsi, egli riteneva inutile invocare principi dottrinari o precedenti storici; pur essendo scettico sopra l'efficacia del
*) Vedi le lettere di Paleocapa a Pinoherle e a Pasini del mese di dicembre 1859, in Appendice, n. 3, 4.
2) Paleocapa a Pinchcrle, dicembre 1859, Appendice n. 3.