Rassegna storica del Risorgimento
1859-1860 ; VENETO ; VILLAFRANCA
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1953
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pagina
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35
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Il problema veneto dopo Villa/ranca (1859-60) 35
riscatto per danaro, lo riteneva il solo partito pratico, ragionevole, e comunque non rifiutava di farne esperienza. Dubitava che l'Austria potesse facilmente abbandonare la posizione, che occupava in Italia, e al possesso del Veneto, soprattutto in considerazione della situazione del Tirolo, dell'Istria e di Trieste, che facilmente avrebbero seguito l'esempio delle altre Provincie italiane e da questo tratto argomento di ulteriori rivendicazioni. Ma egli sperava, con certa ingenuità, che, aumentando il livello degli indennizzi da corrispondersi per il riscatto del Veneto, l'Austria potesse esser lusingata e sedotta al baratto di territorio e della influenza e della autorità politica.
Incredulo sull'efficacia dell'azione diplomatica ufficiale, come era assai diffidente dell'iniziativa in questo senso dei Comitati di emigrazione, ai quali restava estraneo, così non nutriva alcuna fiducia sopra un intervento favorevole di Napoleone, che pareva avesse lusingato il Pasini.
In disformità dell'ottimismo del Cavallotto *) anche l'Avesani aveva espresso ampie riserve sopra la condotta di Napoleone nella politica italiana,2' confutando le giustificazioni ufficiosamente diramate, nonostante l'imperatore avesse dianzi platonicamente affermata la sua simpatia per la causa italiana:3' e in senso non meno dubbioso sopra lo stesso argomento si era espresso anche il Tommaseo. 4) Da parte sua il Paleocapa, pur con ogni rispetto, non nascondeva l'apprezzamento sfavorevole, che era costretto a formulare, sul conto della politica napoleonica, non solo quale si era rivelata in occasione della pace di Villafranca, ma anche nelle discussioni di Zurigo, tanto accondiscendente agli interessi austriaci. s)
Se si poteva concedere che l'opposizione al congresso europeo, dal quale un po' tutti s'aspettavano il miracolo del ristabilimento dell'equilibrio europeo, ciascuno secondo le proprie affezioni, non partisse da Napoleone, ma dall'Austria, 6) si aveva ragione per ritenere che quello avrebbe alla fine assecondato il risoluto comportamento contrario di questa. La pubblicazione
') GAVAIICETTO, La quistìone politica, cit., p. 4 e 13.
2) AVESANT La pace, cit., p. 26 segg.
*) Vi aooo delle cause che non possono soccombere nel mondo , aveva fatto scrivere nel noto opuscolo Napoléon III et l'Italie (p. 63), e questa è del numero, perchè non è né egoista né esclusiva: efl'è la causa della nazionalità di un popolo vivente e dell'equilibrio dell'Europa . Jé espressioni del resto dello scritto erano assai moderate e caute e tutt'altro che impegnative, non solo nei riguardi dell'Italia centrale, ma anche in rapporto all'Italia settentrionale. E prudente non leggere in esso, come politici contemporanei e storici moderni (cfr. ADBERT, Le pontificai de Pie IX, Paris, Blond Gay, 1952, p. 87), più di quanto la lettera dica, e apprezzare al lume di avvenimenti posteriori vaghe allusioni, interpretando estensiva mente prospettive appena abbozzate.
*) TOMMASEO, Daniele Manin, cit., p. 11 scg.: L'imperatore de* francesi vedrà, se così vadano interpretate le sue parole; e saprà non parere né credulo né connivente... Qui preme avvertire che la questione delle sorli d'Italia e da avversi e da amici oggi giorno è mal posta. II forte della questione è nel Veneto .
S) Vedi la cit. lettera 29 dicembre, in Appendice, n. 4. Si efr. quanto scrisse il Pasini in proposito ne La Nazione del 29 novembre del 4, 5, 12 dicembre del 1859 (Il trattato di Zu-> rigo, il Congresèo ed il sign. De Bruir.:) e del 21 gennaio 1860 (L'imperatore ha nuovamente
parlalo),
e) Assai significativo. In quanto interprete del pensiero austrìaco tutt'ora attuale, era il giudizio del Mettermeli sulla validità di risolvere il problema europeo ed italiano per tramite di un congresso. Se questo, egli diceva scrivendo al co. Buoi nel marzo 1859 (ClV. BURCK-HÀJHJT. Briefe dea Hiaaiahandern Furateti Metternìeh aden Crafen Buoi, Muncben . Berlin, veri. R. Oldenbourg, 1934. p. 228), ha un mondato preventivo, è per sua natura assurdo e per l'oggetto e per i mezzi; te deve cercare i rimedi, si balocca invano tra conciliazione e tesi