Rassegna storica del Risorgimento

MAZZINI GIUSEPPE
anno <1953>   pagina <62>
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Lajos Pàsztor
colonello inspirò loro tanta fiducia, che nulla si volle fare senza di lui. Trova persino buoni palrtotti che gli offrirono tutto il denaro di cui abbisognar poteva per agire e cominciò a distribuire denaro per tutte quelle operazioni preliminari che le circostanze chiedevano. Più e più mila giovani armati erano pronti a so-stenere la Santa Causa, ma vi mancavano condottieri abili e sperimentati, e questi divenivano anche piò. necessari perchè nel piano di difesa si era stabilito che si dovessero introdurre in Italia le guerrillas ad uso spagnuolo. E qui il co­lonello dopo aver visitata tutta la Romagna si assicurò che avrebbe potuto soste­nersi, e rendere gli stessi eminenti servigi che hanno reso in Ispagna. Si convenne che il colonello sarebbe andato in Ispagna per prendere seco alcuni buoni uffi­ciali. Avanti di partire diede tali disposizioni che qui non giova ripetere, che eseguite appuntino si sarebbero nel primo movimento sicuramente impadroniti di Bologna, de suoi tesori, delle autorità e si convenne che non s'incomincerebbe che al suo ritorno dalla Spagna che doveva aver luogo avanti la fine di luglio. Giunse disgraziatamente in Ispagna il nostro colonello nell'epoca in cui erano interrotte tutte le comunicazioni a causa della rivolta contro Esporterò, e non potè ritornare in Italia con venticinque bravi suoi compagni d'armi che poco prima della metà di agosto. In questo frattempo contro il convenuto con molti de principali capi della Romagna Zambeccari arrivò da Napoli con la certezza che quella capitale era pronta. Assicurato che cola si farebbe un movimento il 31 luglio va in Romagna e ordina che si farebbe un movimento dopo quello di Na­poli e non altrimenti. I napoletani mandarono poi a dire che non ponno farlo se non che il l.o di agosto. Ma il 5 si viene in cognizione che Napoli mancò alla data promessa, Zambeccari, Lovutetti, Mellara e tutti gli altri capi comincia­rono a gridare al tradimento, si nascondono e se ne fuggono in paese straniero. E di qui nasce il grande spavento delle autorità pontificie, e la necessità di decreti infami, di minacce e di misure eccezionali e di reazione. Il nostro amico giunge a Livorno il 19 agosto ove intese questa vergognosa fuga dei principali capi rivoluzionarj della Romagna. Con tutto ciò se ne va unitamente ad alcuni ufficiali provenienti di Spagna a Bologna ove non trova nessuno di coloro che gli avevano promesso uomini ed assistenza: trova inoltre che quel governo ha scoperto i mezzi di cui dovevasi servire per impadronirsi di Bologna. Solamente Muratori era stato sulle montagne con una quarantina de1 suoi ove ha fatto pro­digi di patriottismo e di valore. Il nostro amico cerca di riannodare qualche filo, ma niuno glielo sa indicare. Vede egli che quel governo è più spaventato dei profughi perchè non ha né forza morale né soldati. Gli Svizzeri sono obbligati a guardare la persona del legato. In tutte le altre città della Romagna lo spirito pub­blico è ancor più. ostile al governo. Rianima i paurosi e li assicura che se si pre­stano metterà egli in piena rivoluzione tutta la Romagna. Tutti lo guardano come il loro Salvatore. Si mette in comunicazione con alcuni capi restati a Ravenna e Imola ed in tutta la Romagna, ai quali comunica il suo piano che è accettalo. Alcuni capi del popolo bolognese gli promettono 400 giovani armati, e loro di­stribuisce denaro. Nella sera degli 8 settembre ordina che i suddetti armati si trovino al Ponte Maggiore lontano un miglio circa da Bologna; e intanto fa ti­rare in città alcune bombe e colpi di fucile. Il governo crede un movimento in città e non osa uscire. L'amico nostro esce, e raduna in luogo di 400 uomini 103 de9 quali soli 40 sono male armali. Con tutto ciò si pone in marcia per Imola, sebbene abbia ricevuto due sole ore prima un avviso da Ravenna di sospendere questa marcia. Il nostro amico però volle continuarla malgrado l'avviso contro'