Rassegna storica del Risorgimento
STATI UNITI D'AMERICA ; GARIBALDI GIUSEPPE
anno
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1953
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Libri e periodici
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varie posizioni moderate. Qualche raro tentativo di convogliare le aspirazioni religiose popolari verso una religione civica che potrebbe incarnarsi nei riti dei teofilantropi deve pur esser segnalata: è notevole che il Manuale dei teofilantropi già importato a Sfilano (A. Mathiez, La Théophilantropie et le Culto décadaire, Paris 1904, pp. 382-84), dal Jnllen e dal G aldi, benché con scarso saccesso (R. So riga, Videa nazionale italiana, ecc., Modena, 1941, p. 150) sia stato diffuso anche a Roma. Conosciamo delle Riflessioni sul Manuale dei Teojìlantropi, datate da Cosmopoli 1798, pp. 40, in-16: è un opuscolo di parte cattolica, ma di tono assai conciliante, poiché ammette che il Manuale sia stato proposto da molti Padri di famiglia per sottrarre i loro figli dai funestissimi danni della irreligione , e si accontenterebbe di vederlo emendato e arricchito in senso religioso ed infine cattolico; soprattutto si preoccupa di difendere il principio dell'educazione religiosa, contro la nota tesi del Rousseau: ÀI primo albeggiare della ragione svolgete ne' loro animi il sentimento e l'amore della Divinità, e non aspettando, come suggerisce il Rousseau, ai ventanni, non vogliate nemmeno aspettare ai nove, come voi avete fissato : p. 40). In circoli certo piuttosto ristretti si discussero anche a Roma i grandi problemi posti dal nuovo costume politico e civile, che aveva appunto le sue più gravi conseguenze per il popolo che poteva giudicare irreligiose anche delle misure di parziale laicizzazione,in campi non direttamente attinenti al dogma od alla disciplina ecclesiastica. Certi documenti, fra quelli pubblicati dal G., si riferiscono per es. alla proibizione di lasciar esposte immagini sacre sulle mura esterne degli edifici: ecco una pretesa caratteristica del regime giacobino , che non teme di assalire quelle che definisce come superstizioni popolari . Il Cauti mori accenna alle discussioni sull'educazione, alle polemiche sul giuramento civico imposto anche ai sacerdoti: osserviamo che non è soltanto il clero giansenisrizzante o comunque insubordinato, cui l'A. giustamente accenna (p. 19) ad accogliere benevolmente la nuova coBtituzione ed il giuram ento ma che troviamo favorevoli taluni docenti del Collegio Romano, ed in specie un noto antigianseniita, il Bolgeni (cfr. i cenni del Cantimori, op. cit.t p. 195, e lo studio un po' disorganico del Quacquarclli, su La teologia antigiansenistica di G, V. Bolgeni, Mazara, s. d. ma 1951; attendiamo un nuovo contributo del G. su questo argomento). Naturalmente, si tratta di una frazione numericamente modesta del clero, ma proprio in queste prese di posizione più seriamente motivate, come nelle contemporanee discussioni dei giansenisti repubblicani sulla caduta del potere temporale e sulla riforma della Chiesa, troviamo i primi spunti della vera e propria questione romana , che non sorge tanto da una realtà di fatto, quanto da un complesso di esigenze ideali e anzitutto dalla speranza tipicamente risorgimentale di rannodare il rinnovamento politico ad un rinnovamento religioso. Ma soltanto il pieno affermarsi dell'idea nazionale, del nuovo liberalismo romantico, permeato di una religiosità diffusa, se pur ostile spesso al cattolicesimo Ufficiale, creeranno il clima culturale favorevole a tali aspirazioni politico-religiose. Né le pastorali concilianti di molti vescovi, all'arrivo delle truppe repubblicane sfruttate spesso dai propagandisti rivoluzionari, e talora riesumate anche più tardi, come quella del Chiaramonti, vescovo d'Imola nel '97, poi papa Pio VII, ripubblicata nel 1814 dal Grégoìre uè gli opuscoli conciliativi del periodo giacobino ci introducono nel clima risorgimentale, ed è questa la conclusione implicita anche nei brevi cenni delI'A. di questo saggio sulla Repubblica Romana*
Non possiamo soffermarci a lungo sul capitolo entrale del saggio, che il G. dedica all'ordinamento costituzionale, cercando di coglierne soprattutto i morivi ispiratori ideologici, politici e sodali* ma questo esame della costituzione si illumina indirot tura ente di tutto quanto l'A. ha chiarito nella sua organica indagine sulla situazione del nuovo regime e dell'opinione popolare. L'A. sottolinea lo lievi differenze che distinguono la legge fondamentale della Repubblica Romana dal modello da cui ò ricavata gravi invece sono le differenze di fatto, derivanti dalla posizione subordinata e precaria del governo che soggiace ad una duplice tutela multare e politica (già lo Sciout parlava di una mera parade istituzionale, riferendosi ai famosi artt. 368 e 369, nei quali si svelava l'accorta finzione giuridica: e si veda l'inedita lettera che il G. pubblica