Rassegna storica del Risorgimento

STATI UNITI D'AMERICA ; GARIBALDI GIUSEPPE
anno <1953>   pagina <85>
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Libri e periodici 85
particolare rilievo elementi più interessanti. È merito della signora Cessi Drudi aver consacrato al Castellani un saggio esauriente per quanto riguarda la parte da lui presa nelle vicende romane dal maggio 1848 al giugno 1849 (Un patriota veneto del 1848, G.B. Castellani, in Archìvio Veneto, voi. XLII. 1948). Il giovane avvocato friulano, che* la sera del 7 maggio, usciva dall'udienza con Pio IX commosso e contento e viveva con ingenua, appassionata sincerità la sua fede nazionale e repubblicana (Carlo Alberto è re, e può tradirvi; la Francia è nazione e vi salverà), farà a Roma amara esperienza del contrasto tra gli ideali, gli entusiasmi, le speranze e l'incertezza delle volontà, la scarsa concretezza delle capacità. Sempre tenacemente avverso a Carlo Alberto, che sta col tradimento in una mano e con un progetto ambizioso nell'altra}, si lamenta perchè Roma scioccamente isolata non dispone ne difesa né attacchi, non solo, ma, fuggito il Papa, e ognuno sta chiuso nel'a coscienza della paura e della colpa e nessuno si occupa seriamente dell'Italia (13 gennaio 1849). Per lui anche la proclamazione della repubblica è avvenuta fuori tempo, troppo tardi. La repubblica avrà breve vita , profetizza il 22 febbraio, né lo conforta l'arrivo di Mazzini, eli e non ha fama di pratic > e c'è da temere non abbia portato al potere che le idee, mentre, d'altro cauto, il suo nome spaventa e non affida . Giudizio questo che risente della polemica programmatica che è in atto da tempo tra Mazzini e Manin. Alla vigilia del 30 aprile il ritratto che traccia del Triumviro è poco lusinghiero: li inquieto, rab­bioso e, oso dire, spaventato. Ha intorno a sé pistole e pugnali e sta in mezzo a pochi partigiani arrabbiati}.
Non tutte le affermazioni del repubblicano veneto sulla Repubblica dei Romani reggono al confronto cm altre testimonianze, né, forse, la parte di consigliere autore­vole, che egli spesso si attribuisce, è sempre in tutto rispondente a verità, ma è certo che in molti casi il Castellani seppe vedere bene, come quando, contro certa più tarda retorica, capì benissimo che se il pope lo romano non voleva il governo dei preti, voleva, però, il Papa. Concetto che gli studi più recenti hanno confermato in modo indubbio. Più difficile sarà perdonargli l'accusa di tradimento o di ignoranza tale da riguardarlo come immeritevole anche del grado di caporale a Garibaldi... Ma in quei giorni di fede, d'ardore, d'azione anche la prepotente ansia del Castellani e certa ambiziosa seppure ingenua conscientia sui non ci sorprendono, né ci turbano.
Come i migliori tra i giovani suoi contemporanei, pur non confidando soverchia­mente, come s'è visto, nelle doti pratiche di Mazzini ed essendo rimasto sempre preso dal mito di Pio IX, a Roma aveva fatto onestamente la sua patte di democratico. Ma passano gli anni, si attenuano gli entusiasmi, si placano gli ardori. Nel placido rifugio di Casalta, acquistato con tempestiva preveggenza fin dal periodo romano, tra i buoi di Val di Chiana impigri e le cure per l'importazione del seme da bachi, cure che condivide con Cosimo Ridoni e Ruiz de la Fucntc, l'ex rappresentante di San Marco si mostra a Michele Leicht e non è trascorso un decennio disincantato della po­litica e tutto preso dagli affari (P. S. LEICHT, Memorie di Michele Leicht. in Rassegna* a. XXII, 1935, voi. II, pp. 82-83). Più tardi ancora la rude esperienza della caccia al suffragio popolare gli farà conoscere amari momenti, quando, candidato a Mon talcino e a Montepulciano per la IX legislatura, la stampa liberale lo condirà di acide salse. Comi iv io il Foglio della domenica per il popolo, che ero il por la voce del Comitato senese per l'unità d'Italia, a tirare al bersaglio su quello che, in un titolo del 27 agosto 1865, era diventato Il candidato dei Paolo t.ti, Del resto noi esitiamo a credere che l'esimio bacoJUo pseudoconte sia tanto spudorato da aspirare all'onorevole ufficio di rappresentante la nazione che abiurava nel 1849, quando, munito dì passaporto austriaco, venne a rifu­giarsi in Toscana con armi e bagaglio, lasciando che la povera Venezia sua patria abba­iasse alla luna col reclamare-invano quei soccorsi, che furono prodigati, ma che non giun­sero mai al loro destinai.
Esasperata polemica, Becondo il gusto e i modi noti e immutabili di tutte le pole­miche elettorali* ma, c'è da giurarlo, poco grata a chi vedeva revocati in dubbio il pro­prio titolo gentilizio e, quel cb'é peggio, il proprio patriottismo. E non erano che rose