Rassegna storica del Risorgimento
STATI UNITI D'AMERICA ; GARIBALDI GIUSEPPE
anno
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1953
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89
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Libri e periodici
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universalmente si sa ora, le forze austrìache erano ancora solidissime; che le masse (è doloroso il dirlo) furono inerti e l'un l'altre ostili, e che ebbero atteggiamenti tutt'altro che cordiali verso il soldato sani (non si tenga pare conto delle dichiarazioni incriminate dei generali piemontesi, ma si sfoglino, per esempio, sull'argomento, l'Epistolario del Giorgmi e i Diari del Berti-Pichat e dell'Aglebert); non si dimentichino (anche se fastidia il ricordo) il comportamento debole e oscillante del Governo Provvisorio, la scarsezza di ogni mezzo (compreso il vettovagliamento) della ricca Milano all'esercito combattente sol Mincio e i dibattiti politici e le escandescenze dei partiti (23 giornali, di discordi intonazioni, si pubblicavano nella capitale lombarda mentre si combatteva alle porte della città!); e si consideri infine che se il Piemonte non vide sempre di buon occhio i volontari, non ci fu peraltro un moto spontaneo, travolgente, ma soprattutto disciplinato e concorde di volontarismo per la cacciata dall'Italia dello straniero. I volontari siciliani e quelli napolitani ritrovatisi a sbarcare assieme a Livorno per la causa comune si trattarono come nemici. È imo dei tanti sintomi che rivela lo spirito particolaristico diffuso per tutta la penisola, di cui deve tenere il debito conto lo storico veramente sereno, perchè esso viziò indubbiamente l'azione dei combattenti regi e fiacco l'animo già affranto del condottiero. Il Risorgimento bisogna vederlo per quel che fu, anche se contrasta coni propri principi: affermare, si, che io Stato sabaudo (e nessuno ormai contesta) nel 1848-49 non seppe seguire con impegno una linea di condotta puramente nazionale, ma ammettere nel contempo che il liberalismo moderato e il mazziniano e il radicale non furono immuni essi pure da pecche e da errori*
Alle ricerche del *48 si collega il saggio di Leo Pollini, il fervido indagatore della Storia della sua Milano.
Qui egli intende dimostrare, attraverso l'esame dei proclami, delle relazioni militari particolari di reggimenti o di corpi (poiché una vera e propria relazione ufficiale del comando austriaco non fu mai pubblicata), delle relazioni private di singoli austriaci militari o borghesi che a Milano vissero le cinque fatidiche giornate, che da un senso di sospetto, d'incredulità, di smarrimento furono prese le alte autorità militari con il procedere serrato e decisivo della Rivoluzione, e che lo stesso Radetzky fa colto di sorpresa, tanta era la superba sicurezza nella propria forza e nella sottomissione impotente dei milanési. Lo studio dei lavori di fonte austriaca e delle varie relazioni che trattano dell'argomento è condotto dall'A. con molta diligenza, ma meraviglia che riguardo in particolare al comportamento del Radetzky gli sia sfuggito il documento più suggestivo e anche il più probativo forse, e cioè la relazionediario stesa dal Maresciallo stesso nei giorni tempestosi della rivolta. E un ampio rapporto inviato al Ficquclmont, passato proprio alla vigilia della Rivoluzione alla presidenza del Consiglio aulico di guerra. Della la parte si valse il Cattaneo per il suo volume sulle Cinque giornate (Capolago, 1851); ma il Salata ebbe modo di vederne nell'Archivio austroungarico di guerra a Vienna la minuta inedita completa con i pentimenti e le approvazioni di mano del Radetzky e anche la copia in bello , da lui firmata e inviata a Vienna appena si era messo al sicuro e ebbe anche modo di confrontare l'interessante documento coni successivi rapporti del Maresciallo e dei Comandi dipendenti, tutti inediti. Che il Radetzky aia stato sorpreso dagli eventi appare evidente dalle sue stesse contraddizioni: poiché, mentre nelle prime righe del suo rapporto si dice preparato da vari giorni al movimento (e ciò naturalmente per scusarsi), subito dopo aggiunge che fu la notizia delle concessioni costituzionali giunta da Vienna a Milano a provocare i primi subbugli .
E nella parte del diario dettata alle due della notte dal 18 al 19 marzo scrive testualmente, tra l'altro: lo scoppio di una congiura generale non ci sembrava vero simile. Quando sì scatenò la bufera, io mi trovavo nel mio ufficio, e pertanto fui costretto a rifugiarmi al Castello, per non essere circondato da una massa di popolo . La meraviglia per lui maggiore è il cambiamento del popolo milanese, avvenuto come perii tocco d'una bacchetta magica: il fanatismo ha pervaso ogni età, ogni ceto e ogni sesso La attuazione intanto ai fa sempre più scabrosa: la città di Milano è sconvolta