Rassegna storica del Risorgimento

TOLOMEI ETTORE
anno <1953>   pagina <584>
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58* UM perioditi
lotti scriveva II Castellani a Uone Plncherfe il SI luglio ÌU ni* i rwde utife*. TnrrnrrTTrimfr*"f f ipirtintr rtijllfnfnMihTilU fTihiM rwl* rlill sriiuis A< la libertà è contraria della Chiesa* (p. 6). CU appunti rtcenuwcnte doni in lue* Ad Sorai>so(<4'um, A. lS3.pp, 22*t6)ronfrnnaa6 Unitirudmf-.biCn'TMU.UbtMi volontà, ma ci la-ciano perni*** i ulta prepara iotu* al governo. In quei momento e con lucile difficoltà, di colai dir di 11 a poco sarebbe salito mi trono di Roma. La seeoods parta della vasta open di padre Pirri, urlla quale Pio IX e ormai presentato, uon più nell'Ìolamento dal dialogo eoa Vittorio Emanuele II com'ero nella prima ma sulla pia complessa acena ove si agitano sovrani *podetati e sovrani uriti indenni bVUe grandi burrasche dell'Ottocento, ri conferma in questo (Indiato. 15 qualche volta le minoiri vit­time coronate della rivoluzioni? italiana paiono renderai conto meglio di Ini della realtà.
Francesco V, duca di Modena, oopetta sempre il atto biografo. I ritratti che abbiamo del figlio e successore del troppo famoso Francesco IV, non soddisfano, legati cozac anno ad una tradizione più ispirata alla puttane che ni desiderio dell'obiettività. Ep­pure l'uomo, che, semplice principe ereditario, nel v4fcfti aveva:UgejnUr Videa d'ana lega austro-italica per costituire, con la confetlcrazione germanica goidata da Vienna, un grosso blocco di itessanta milioni d'abitanti, capace come potenza continentale di resistere a tutti i nemici provenienti dall'Oriente e dall'Occidente, era tntt*altro che nn inetto (R. MWKUTI, Austria, Napoli e gfi Stasicoussrratori italiani* 1849-1852 Napoli, R. Deputazione di storia patria, 1942, p. 119). Da questo abbozzo d'una Mittd~ Europa ashurgicu. qualche anno pia tardi, tormentato dall'ansia delle dure esperienze del biennio *48-*49, Francesco V s'azzardava a soluzioni del problema italiano, che volevano essere, teriveva, un e temperamento a, una via di mederò, tra la rivoluzione c>;l*intcrvenio austriaco.
Riconosceva quello che vi era die lecito e generoso nella passione di nazionalità s e suggeriva di dirigerla, di guidarla, mina commettere l'errore d'ignorarla e di compri* merla* Per questo tornava nel *49 all'idea di un'Italia federale e la caldeggiava in termini veramente singolari per un Arciduca austriaco, tanto più che apparivano assai diversi da quelli chetici *47, gli avevano procurato nna replica del futuro Vittorio Ema­nuele II inpirataìa concetti chiaramente riforrolati e nazionali, anche e fondnmentai-rnenie illiberali..* Finché per essere del buon partito tara proibito di dirai italiano finche arsi bestemmia, per esso parlare di nazionalità; tinche il solo Mazzini potrà profanare queliti nomi e far vibrare queste corde, il buon partito siederà ulle baionette Jamtciacfae. che benefiche in-confronto della rivoluzione, pungono, alla lunga, disfiorano e dissanr guano (MOSCATI, p. 122).
Erano gli anni delia readone imperante, della fede cicca ndTimpiogo della forza magari benedetta da un pergamo o da una loggia, e non a torto il Duca oorrideva alla idea che. a Vienna, tali vuol sentimenti potessero farlo schedare a fra t framassoni e i malintenzionati*. Ma non ai preoccupava troppo di questa prospettiva, se confidava, il 29 marzo 1849, al fido conte Malaguszi: * pensai sempre eoil e sempre penserò. E, a giudicare dà qualche lettera di lui di alcuni anni più tardi, pubblicata in onesta preziosa riiloge documentaria della quale il padre Pirri, agaci*Umo e infaticabile ricercatore ha arricciato di recente la storiografia risorgimentale (la prima parte dell'opera, per il periodo 1M8-1B56, è apparta nel 1944), bisogna riconoscere che il pensiero di Frati* ecsco V di Modena, come aveva giustamente meo In rilievo il Moscati, * e sempre mantenuto su una linea del tutto diversa da quella degli altri principi conservatori* PcrcWi, anche quando la tempesta del "59 gli toglieva il trono, l'erede degli Austria-Elle non rinunciava ad una liberta di giudizio, che senza implicare abdicazione a quelli che egli cdiisiasCa a riconoscere la più com­
plèssa realtà della situazióne italiana. Scriveva, infatti; da Vienna, il 56 ottobre 1862 a Pio IX, nella sua qualità dia vittima dell'attuale rivoluzione ed usurpazione sarda*, per invocare la restaurazione integrale dello Stato pontificio quale baso di un invocato riordinamento della Penisola. Nostalgie neoguclfe (dure a morire del reato, se anche più tardi, nel 1869, trovavano assertori, come l'onesto prete e cattivo poeta Luigi