Rassegna storica del Risorgimento

1860 ; SICILIA
anno <1954>   pagina <13>
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La borghesia siciliana di fronte al problema, ecc. 13
appena le R. Milizie faranno giustizia degl'insorti che scorrazzano le cam­pagne. Mi pare che qui il Castelcicala colga bene lo stato d'animo di quelle classi dell'ordine le quali, non ancora sicure del crollo dei poteri tradizionali, non intendono romperla apertamente con essi, ma timorose, nello stesso tempo, che, ove tale crollo abbia a verificarsi, si apra la via alla disgregazione sociale, cercano già, con la richiesta di una guardia nazionale, di orga­nizzarsi per garentire il proprio ordine.
Così, il Salzano, General Comandante le Armi della Provincia e Real Piazza di Palermo, che nel proclama del 5 aprile aveva promesso la prote­zione dell'Autorità alle persone ed alle sostanze, in quello del 10, dopo aver latto balenare lo spettro di un certo numero di predoni, di quelli che fiutano il sacco e la rapina con tutte le perturbazioni civili , invita tutti i negozianti ed i fabbricanti ad aprire i loro magazzini ed i loro opifici ed a ripigliare i negozi ed il lavoro, facendoli certi che l'Autorità tutelerà i loro interessi .
Tornando ai rapporti del Castelcicala, quello del 10 ci dice che anche in Bagheria gli abitanti più influenti guardano il loro paese, e respingono i malandrini che vorrebbero occuparlo . E quello dell'll, riferendo sulla situa­zione nei principali centri isolani, comunica che a Messina gli onesti, affian­cando l'autorità civile e militare, impresero ad insinuare la moderazione e la quiete. Gli uomini però del disordine, uniti a crocchi, sotto le viste di mancar di lavoro, e dimandarlo, tumultuavano. Si provvide dalla autorità e da' buoni facendoli occupare a svariati lavori per torre loro il pretesto. H contesto in­dica chiaramente, mi pare, a quali classi sociali appartengano i buoni, che possono dare occupazione, ed a quali gli uomini del disordine, che il lavoro chiedono ed accettano. E lo stesso si dicaper i buoni che a Barcellona sop­pressero ogni ulteriore progresso del disordine, mentre a Catania fu la plebe che trascorse in sedizione e ad Alcamo il popolo signoreggia il paese. Nella linea dei paesi marittimi da Palermo a Messina, infine, tutti i notabili sonosi stretti all'autorità pubblica per far fronte agli agitatori, e contenere le loro malvage passioni.
Ancora più specifico il rapporto del 12 aprile, nella sua conclusione: Ne' paesi del Distretto di Termini si mantiene l'ordine mercè il concorso de' pro­prietari, e de' contadini onesti, i quali custodiscono i rispettivi comuni, e fanno il lox meglio per impedire che i ribelli vi entrassero. Essi han compreso che la rivoluzione è fatale o' loro interessi [il corsivo è mio]. Piaccia a V. E. restarne intesa. Ed infatti dal rapporto del 14 apprendiamo che in Corleone i nota­bili e le persone più influenti si strinsero per vegliare sull'ordine pubblico e da quello del 15 che, mentre in Partenico eouosi assembrati i faziosi tutti. e là fanno aspro governo de' proprietari e delle casse pubbliche, in Alcamo ed in Castellammare, ove... s'inalberò il vessillo della rivolta da una mano di faziosi, è stato questo abbattuto dalle classi de' proprietari e degli onesti. Anche il Procuratore generale del Re a Trapani, Niccolò Criscimanno, nella sua relazione del 22 aprile, riferisce che secondo l'Intendente era unico riru-
12 principi, 5 ducili, 14 marchesi, 8 conti, 13 baroni ed un gran numero di cavalieri nobili (Sulla G- JN. nel "48, nel mio aspetto di corpo di classe, e sul Riso in particolare, ri veda: A. CAXDARELLA, La Guardia Nazionale in Sicilia nel 1848, in Atti del Congresso di studi storici sul '48 siciliano, Palermo, 1950, pp. 279-308).