Rassegna storica del Risorgimento

1860 ; SICILIA
anno <1954>   pagina <14>
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14 Renato Composta
gio in tanto frangente il soccorso dei proprietari i quali volentieri si erano profferta, onde colle anni e l'influenza loro impedire ogni disastro. E più oltre parla anch'egli di onesti proprietari.
Lo sbarco di Garibaldi e il rapido disgregarsi del potere borbonico posero le forze più moderate del conservatorismo dinanzi ad nn problema: dietro Ga­ribaldi esse vedevano profilarsi l'ombra di Mazzini, ed ove avessero avuto la prevalenza le correnti repubblicane, più difficilmente avrebbe potuto essere elusa l'istanza di rinnovamento sociale delle classi inferiori. La stessa espul­sione del La Farina, ora direttamente legato alla politica torinese, era un sintomo che doveva spingere più rapidamente le classi conservatrici verso l'unitarismo, giacche l'adesione alla soluzione unitaria avrebbe garentito, invece, l'appoggio della politica sabauda, non certo sospetta di spiriti inno­vatori. In effetti, la politica sabauda e si ricordi l'accusa del Colajanni ereditò, sostanzialmente, le tradizioni del conservatorismo borbonico, ser­vendosi bene spesso anche degli stessi elementi. Ancora ad Agrigento ho potuto trovare una documentazione di lamentele che già salivano sin dallo stesso 1860 contro il rapido passaggio delle classi dell'ordine dalla formale fedeltà ai Borboni alla formale fedeltà al regno sabaudo. Negligiti dell'Intendenza di argenti, al mazzo 283, in un foglio dell'8 agosto 1860, il delegato di P. S. di Naro, Carmelo Cutaja, denuncia un forte malcontento a vedere nelle cariche dello attuale governo, quei medesimi, che l'esercitarono sotto il caduto go­verno borbonico; individui, che furono sempre attaccati a quel governo, e si cooperarono tanto, in questa, ad arrestare Io sviluppo della rivoluzione .
Si guardi, ora, nel giornale del Tirrito,l) come venga accolto il decreto di Garibaldi del 2 giugno, sulla distribuzióne delle terre demaniali; si leggano, nel n. 6 del 29 giugno e nel n. 8 del 6 luglio, le accuse speciose contro i mazziniani (si era avuta notizia di un arrivo di mazziniani e forse dello stesso Mazzini in Sicilia) definiti servitori dell'Austria... come i Borboni, anche se servitori involontari; si legga, nel n. 26 del 7 settembre, il rapido e stizzoso accenno ai moti contadini: da per tutto ove tali movimenti hanno insorto, si è agito a nome della libertà perseguitando i ricchi che qualificano come realisti .
Ma addirittura una ricca messe è quella offertaci dal n. 7 del 2 luglio.
L'articolo di fondo, sotto il titolo Diamo fine alla caccia dei bini e dei topi cerca già di porre le basi per un prossimo alibi, che consenta ai quadri borbonici di rimanere ai loro posti. Pertanto, prendendo lo spunto dalle ma­nifestazioni d'ira popolare contro gli strumenti più odiosi del conservatorismo borbonico, le quali spesso si erano tramutate in una diffusa caccia ai poli­ziotti del caduto governo ed a coloro che più se ne fossero fatti zelanti servitori, con episodi anche violenti, nel condannare questi episodi di violenza si avanza una cauta difesa, affermandosi che snaturando l'allegoria si è osato appli­carla ai quietisti, agl'impiegati e funzionari ambiziosi, che spaventati dalle calamità che accompagnano le sommosse sono molto attaccati all'ordine.
Ben più caratteristico, e tale che meriterebbe di essere riportato per intero l'articolo della seconda pagina Consigli per la demolizione del forte di Castel-lamare. Su proposta dell'Orsini, allora ministro della guerra, un decreto
1) Traggo le citazióni da VItalia, da copie in mio possesso.