Rassegna storica del Risorgimento

LINCOLN ABRAHAM ; MAZZINI GIUSEPPE ; MELLONI MACEDONIO
anno <1954>   pagina <17>
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RASSEGNE, DISCUSSIONI E VARIETÀ
LINCOLN, MELLONI, MAZZINI E C1
Il 23 febbraio di quest'anno il presidente di una benemerita e seria associazione patriottica si rivolgeva all'Istituto, dopo aver letto nel fasci­colo III del 1931 della Rassegna la lettera scritta da Àbramo Lincoln a Macedonio Melloni e tradotta da Giuseppe Mazzini, avvertendo che in armonia con l'attività propagandistica svolta dalla nostra organizzazione, abbiamo deciso di dare alla suddetta lettera la massima divulgazione. A tale scopo, aggiungeva, per prevenire ogni contestazione di eventuali negar tori della sua autenticità Vi saremmo grati se voleste comunicarci dove si trovi l'originale della lettera in questione, nell'auspicabile ipotesi che non sia andata distrutta.
Ancora Lincoln e il messaggio; ancora vittime in buona fede di una delle piò sciocche e banali truffe a base di documenti falsificati! Poiché la persona che aveva indirizzato la richiesta all'Istituto non era, evidentemente al corrente di quanto era stato scritto negli ultimi due anni circa il fami­gerato pateracchio, venne sconsigliata di dare alcuna ulteriore pubblicità alla lettera.
Essa gli fu precisato il 26 febbraio è, malauguratamente, opera di un falsario. L'cntografo non è mai esistito: chi asseriva di possederlo si limitò, nel 1941, a farne ave e tuia riproduzione fotografica, sulla base della quale fu persino troppo facile al più illustre competente di autografi mazziniani allora vivente, il compianto prof. Mario Menghini, dimostrare che si trattava della ricostruzione di un testo fatta con elementi offerti da altri autografi mazziniani. Del resto, già fin dal 1932, la presidenza dell'Istituto (era allora commissario straordinario, e più tardi presi­dente. Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon) prese posizione contro qucl pasticcio. La causa, anzi, della crisi dell'antico Istituto nel 1932 fu principalmente motivata dal riconoscimento di quella falsificazione, che suscitò fin da allora echi poco favore­voli tra gli studiosi italiani e americani.
E, consigliato il cortese lettore a guardarsi l'articolo di Carlo Schifrrer, nel Ponte del 1952, e il primo fascicolo 1953 della Rassegna, si affermava che i nostri diritti sulla Venezia Giulia hanno ben più solide basi di quella de­plorevole falsificazione, che ci ha procurato tanti guai e tante troppo facili ritorsioni. E si suggeriva di lasciar da parte il figlio del falegname Lincoln, che in quegli anni sapeva della Venezia Giulia su per giù quello che oggi sa del Wisconsin il figliò di un falegname dell'Alto Adige.
Chi si era rivolto all'Istituto era, evidentemente, persona non solo gen­tile e di indubbio sentimento patriottico, ma anche di buon senso se, nel rispondere, ringraziava per le notizie e soprattutto per averci evitato di cacciarci in un " pasticcio anche se non possiamo nascondere di aver provato una piccola disillusione.
Passava qualche settimana e un periodico torinese tornava sull'argo­mento, pubblicando, prima, il messaggio e, m un successivo numero, ospitando due lettere sull'argomento, che è opportuno conoscere.