Rassegna storica del Risorgimento

VIEUSSEUX GIOVAN PIETRO ; CIAMPINI RAFFAELE
anno <1954>   pagina <43>
immagine non disponibile

A proposito di un libro sul Vieusseux 43
nostro in senso stretto; ma non c'è poco viceversa da impararvi, per com­prenderne lo spirito e la mentalità.
E noto come sia sorta questa Chiesa Riformata di Firenze. In Toscana v'era già una Chiesa del genere a Livorno, fin dal Settecento, cioè la Comu­nità Olandese-Alemanna, di cui fu pastore, fra l'altro, quello Schultheiss, che fu pure dotto corrispondente del Foscolo e maestro di Enrico Mayer. E con questo precedente, appunto, nel 1822, un gruppo di svizzeri chiese al governo l'autorizzazione di aprire una cappella protestante anche in Fi­renze, per gli stranieri ivi residenti. Il governo toscano rispose che non avrebbe ammesso altri locali di culto acattolico fuorché quelli coperti dal diritto di cappella, cioè dal diritto per gli ambasciatori delle potenze stra­niere di fare celebrare all'interno dell'ambasciata il proprio culto da un loro cappellano. Gli Svizzeri, pertanto, sollecitarono il patrocinio dell'amba­sciata di quella Prussia, il cui re Federico Guglielmo HI mostrava giusto allora il proprio zelo pietistico nel promuovere la fondazione, in virtù del solito diritto di cappella, di chiese protestanti a Napoli e Genova e, sem­brava per di più, in qualità di signore di Neuchàtei, il più adatto a favorire un'iniziativa elvetica. I ministri toscani, dal canto loro, quando l'ambascia­tore "Waldburg Truchsess ne sollecitò il consenso all'apertura di una cap­pella protestante alle dipendenze dell'ambasciata di Sua Maestà Prussiana, furono nomini di mondo abbastanza da non sofisticare sul latto che il Wald-burg-Truchsess non risiedeva per nulla a Firenze, ma a Torino, e che a Fi­renze non c'era nemmeno un'ambasciata di Prussia, ma solo un. incaricato d'affari, il Lucchesini, e cattolico per sopramercato. E cosi la desiderata cappella cominciò a funzionare per il culto sino dal 1826.
La dipendenza della cappella di Firenze dall'ambasciata prussiana di Torino restò, tuttavia, un mero paravento giuridico e nulla più. Le carte del­l'archivio dell*Église Evangéli (juc Réformée, in questo senso, parlano chiaro: l'ambasciatore si limita a mandare un'offerta annua in denaro a nome del suo re ed a decorare ogni tanto il pastore o il presidente del Concistoro con l'ordine dell'Aquila Rossa: al più, chiede qualche preghiera per una prin­cipessa in stato interessante od un principe moribondo della reale famiglia. In tutto il resto, la chiesa è una minuscola repubblica autonoma, accampata nel bel mezzo della Toscana assolutista della Restaurazione: chi la man­tiene finanziariamente sono i contributi dei suoi cittadini e chi la governa è un Concistoro elettivo, al modo consueto delle comunità calviniste. Per il culto, si stipendia un pastore, traendolo in genere dalla Svizzera romanza, ma questi non e che uno dei membri del Concistoro, che, per il rimanente, è tutto formato di laici e presieduto altresì da un laico, mentre il pastore stesso, sempre secondo la disciplina calvinista, viene eletto dalla comunità tra i vari aspiranti a questo ufficio, che si presentano in caso di sede vacante.
Come ogni repubblica elvetica che si rispetti, anche VÉglise Evangélique Réformée degli Svizzero-fmrcntini del Risorgimento è liberale, filantropica, illuminata, patriottica senza sciovinismo e sollecita del problema peda­gogico almeno altrettanto di un giornale del Vieusseux. Ed altrettanto di un Vieusseux o di un Sismondi, bada al sodo, senza fare troppe quisquilie teologiche, riconoscendo la buona religione più dai sani moeurs che da un'ortodossia puntigliosa. Allorché nel 1822 i promotori di questa inizia­tiva inviano ai loro correligionari residenti a Firenze una circolare per solle-