Rassegna storica del Risorgimento

VIEUSSEUX GIOVAN PIETRO ; CIAMPINI RAFFAELE
anno <1954>   pagina <53>
immagine non disponibile

A proposito di un libro sul Vìpusseux 53
tameuttt Ir fcatoritù. Àgli atti d'intolleranza da ima parte risponda dall'al-tro la pretesta della stampa straniera, che prende a prestito dal romanii-oismo dei risvegliati un linguaggio esagitato. patetico per dipingere Leo­poldo II come un bieco tiranno ed i protestanti incarcerati come vittime del S. Uffizio. Ma Giampiero non si lascia vincere né dalla paura nò dagli isterismi. E allora, davanti ad un corso di eventi che sembra annullare tutti gli sforzi pazienti di lunghi anni, riesce a trovare una grande parola di fede* che appare come il sigillo d'una esistenza intera.
Questo linguaggio esaltato e mctodistico della stampa estera scrive al Ricasoli nel 1850 9 gli dà sui nervi altrettanto della pretesa dei risvegliati di trasformare in brusca sovversione religiosa l'opera di gra­duale illuminazione dell'Italia e del suo cattolicesimo, da lui perseguita con tanto studio ed amore. Mai egli avrebbe voluto vedere l'Italia teatro di una lotta di confessioni e di teologie, anziché fra i lumi del progresso da una parte e l'oscurantismo reazionario dall'altra. Ma la colpa è della cocciu­taggine di Pio IX, la malafede dei suoi cardinali, l'accanimento della rea­zione... le bestialità di Palazzo Vecchio, che non sa fare nulla senza l'in­tervento della polizia. Questa gente stolta e meschina si tirerà addosso la rivoluzione con lo sue stesse mani. Ebbene, che venga una buona volta questa rivoluzione, quantunque il sor Pietro ed i suoi amici abbiano tanto faticato per evitarla e renderla superflua, se questo è necessario per il cam­mino in avanti dell'umanità, verso la meta segnatale dalla Provvidenza, quali che siano le sciagure che ciò possa portare! A settantadue anni suo­nati, questo vecchio indomabile conserva ancora la nerezza con cui da gio­vane rifiutava di piegarsi, quoi qu'il en soit a quanto repugnava ai suoi principi, ed il coraggio con cui i Vieusseux d'altri tempi ricostruivano la loro azienda dopo ogni rovina. Anche se nel 1848 ha confessato di avere paura del comunismo, e nel 1849 ha scritto Iddio perdoni al Mazzini e al Montanelli tutto il male ch'eglino hanno recato alla patria comune con le loro utopie e i loro sogni,2' anche se è sempre stato un legalitario convinto, non ha perso l'animo di assecondare il grande movimento del­l'umanità verso l'avvenire, come non ha perso la sua fede virile nella Provvidenza. E perciò neppure allora dispera, né dell'andamento del­l'umanità, né della sorte particolare della nostra cara Italia. La Provvi­denza ci farà passare per una trafila di sciagure; ma dell'esito finale non è da dubitare.
Con questa certezza di fede vedrà passare i giorni neri ed arrivare è prodigi tumultuosi del 1859 e del 1860; continuerà ad attendere con le forzo residue alla sua missione, tra i fogli di stampa dell'Archivio ed i cari libri, fermo al suo posto di dovere come a venti anni, quando era di scolta a Ge­nova assediata. Sinché la morte, attesa senza turbamento e senza angoscia, lo raggiungerà un giorno al suo tavolo di lavoro ed avvierà finalmente il canuto lottatore verso il riposo eterno, tra i cipressi del camposanto di Porta Pinti, levato un giorno dalla pietà della piccola repubblica ecclesia­stica per tutti i suoi figli, nel segno d'una infinita speranza.
GIORGIO SFINÌ
1) Cfc. GAMBARO, op. eit II, p. 339.
2) Cfr. E. MICHEL, G. P. Vieusseux e la principessa di Bnlgioiosa, Girgcnli, 1906.