Rassegna storica del Risorgimento

PIERANTONI (FAMIGLIA) ; ROMA ; MUSEI
anno <1954>   pagina <112>
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112 Libri e periodici
Non è di certo facile, infoiti, tentare di risalire alle origini del fenomeno e di dare nna piegatone valida e convincente di quel compiette movimento di panico che dUagò quasi contemporaneamente in tutta la Francia nella seconda meta del luglio 1789 e fece vedere, alle popolazioni cittadine non meno che a quelle rurali, ovunque la minaccia, ed anche l'azione effettiva, di briganti ai wrvizio di una perfida cospirazione ariBtocratica; tanto che di caso si diedero fin dal­l'inizio interpretazioni diverse ed assai contradittorie, non mancando chi, a coloro che ritenevano che si trattasse di una manovra degli Bteasi aristocratici per get­tare lo acompiglio fra i loro avversari e preparare così il terreno per la con­trorivoluzione che avevano in animo, contrapponeva invece la tesi, che fu poi prevalente in buona parte della storiografia francese del secolo scorso, secondo cui la grande paura non sarebbe stata che il risultato di un disegno saviamente preordinato dai rivoluzionari stessi allo scopo di esasperare il terzo stato contro i privilegiati dell'antico regime e condurlo così a proseguire la lotta fino in fondo, senza mezzi termini.
È soprattutto contro quest'ultima teoria, che vede nella grande paura del 1789 l'attuazione di un piano prestabilito da parte della borghesia rivoluzionaria, che il Lefebvre indirizza la sua indagine storica, dimostrandone con scrupolosa obiet­tività l'inconsistenza, al lume di un rigoroso vaglio delle fonti: la grande paura fn un fenomeno spontaneo, e fu la risultante di componenti diversissime, alcune delle quali preesistenti al 1789 ed insite nella stessa costituzione economica e sociale della Francia del tempo, altre invece, come la paura, o meglio l'intuizione da parte del terzo stato, della cospirazione aristocratica, strettamente collegate con gli eventi successivi alla riunione a Versaglia degli Stati generali, convocati per la prima volta dal sovrano dopo quasi due secoli. E per giungere a questa conclusione, che non può non lasciare pienamente convinto il lettore attento, il Lefebvre fa la storia della grande paura nell'unico modo possibile per giungere a risultati soddisfacenti, ossia dall'interno, immedesimandosi nei sentimenti, nelle passioni, nei timori del popolo, soprattutto del popolo delle campagne, poco curandosi, pur non perdendola di vista, della corrispondenza o meno di questi movimenti dell'animo popolare con la realtà obiettiva. Per la spiegazione della grande paura egli scrive, per esempio, ad un certo punto quel che c'importa è l'idea che ci si fece dei disegni e dei mezzi dell'aristocrazìa, e non la realtà stessa . E Bolo ponendosi da quest'angolo visuale era possibile riuscire ad afferrare e risolvere tutta la ricchissima problematica cui un fenomeno come quello della grande paura ci pone di fronte.
Certo il Lefebvre, nel ricercare i vari elementi originari della grande paura e nei seguirne le numerose correnti di propagazione che in brevissimo spazio di tempo la diffusero in quasi tutta la Francia d'allora, si smarrisce talvolta, sia pur raramente, ncU'analisi eccessivamente meticolosa, analisi che egli porta innanzi con un intimo gusto, con una certa appena velata compiacenza, che possono far anche pensare, come suggerisce pure il Garosci, all'interiore godimento di un ispettore di polizia che segua con sempre crescente successo una pista difficile; ntajmche cosi egli non perde poi mai di vista, in ultima analisi, il quadro d'in-
cui ì scn-
,,.,..,, >uviiu BBVVIIUU .in i sco­timenti rivolnzìonari avevano vigore in pratica esclusivamente a Parigi, essendovi le Provincie invece estranee, solo subendo l'influenza della capitale; di modo che si fa risalirò la rivoluziono municipale al momento in cui la presa della Bastiglia giunse a conoscenza dei provinciali, mentre in realtà l'azione di questi ultimi, per quanto certamente meno efficace di quella dei Parigini, cominciò simultanea-