Rassegna storica del Risorgimento

PIERANTONI (FAMIGLIA) ; ROMA ; MUSEI
anno <1954>   pagina <113>
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Libri e periodici 113
mente e senza che un accordo preventivo fosse stato possibile. Considerazioni queste che, però, troppo di frequente si tende a dimenticare.
Quanto alle conseguenze della grande paura sull'indirizzo generale della rivo-limone francese, una soprattutto si ebbe, ed essenziale, quella, cioè, di cementare l'unione, la solidarietà fra gli elementi, invero eterogenei, che componevano il terzo stato, offrendo così all'unità nazionale la prima occasione di manifestarsi e di rafforzarsi: al panico succedette istantaneamente una vigorosa reazione, in cui si manifestò per la prima volta l'ardore guerriero della rivoluzione. E qui vogliamo ancora precisare: se la grande paura contribuì senza dubbio alcuno, ed in maniera efficacissima, a stabilire una più intima solidarietà all'interno stesso del terzo stato essa fu contemporaneamente il segno evidente che questa solida­rietà si era in realtà già attuata: la reazione spontanea ed unanime, infatti, che, dinanzi alla minaccia della cospirazione aristocratica, si verificò un po' dappertutto in Francia tra gli appartenenti al terzo, cittadini e rurali, borghesi e proletari, era un chiaro indizio che l'unità fra tutte codeste categorie della popolazione, nel luglio del 1789, esisteva di già. Tale unità, è vero, non durò a lungo, anzi, fu ben presto infranta; essa era stata nondimeno necessaria perchè la rivoluzione potesse aver luogo.
In conclusione, possiamo dire che da quest'opera appaiono ancora una volta, con pieno risalto, quelle che sono le caratteristiche piò notevoli e più solidamente positive della storiografia del Lefcbvre: soprattutto quel suo scavare nel profondo, con analisi minuziose, ma mai gratuite, dei fatti più oscuri; quel suo vedere il corso delle vicende storiche dall'angolo visuale delle varie classi sociali, di cui egli sa mettere in luce con sottile penetrazione i più diversi atteggiamenti del-l'animo, le speranze, i timori, gli odii, le usanze, le tradizioni secolari; insomma, quel suo interpretare la rivoluzione non tanto nei suoi stessi contrasti politici, quanto in tutto il suo fenomeno economico e sociale, vale a dire dall'interno stesso delle masse popolari che in lui, forse ancor più che in un Janrès od in un Mathiez, assumono il ruolo di protagoniste. ALBERTO AQUARQNE
ANTONINO DE STEFANO, Rivoluzione e religione nelle prime esperienze costituzionali italiane {1796-1797); Milano, Giuffré, 1954, in 8, pp. VH-lóS. S. p.
Tra ì molti lavori storici sul giacobinismo e sulla prima esperienza coBtitu-rionale italiana, cerone finalmente uno che si pone audacemente di fronte al complesso problema dei rapporti tra rivoluzione e religione, rapporti, che, fatal­mente, si identificano, sul terreno positivo, in quelli più limitati, ma allo stesso tempo più definiti, tra Stato e Chiesa nel triennio rivoluzionario.
È questo un problema di fondo per la comprensione e la valutazione della storia di quel periodo, finora un po' troppo trascurata dalla storiografìa giurìdica, che, invece, in quelle prime esperienze di un diritto pubblico moderno potrebbe trovare larghi orizzonti per la storia del diritto costituzionale e di quello eccle­siastico.
Spinto da tali esigenze, il De Stefano ha voluto affrontare il problema del diritto ecclesiastico delle repubbliche giacobine, rivolgendo il proprio studio alla considerazione che alla disciplina del rapporti tra lo Stato e la Chiesa davano o le prime earte costituzionali e la pubblicistica del tempo.
Ne è venuto fuori un quadro estremamente interessante, il quale contribuisce largamente a fare luce sulla vita religiosa del periodo rivoluzionario, che persino il Roberti, lo studioso che, forse, maggiormente si è accostato a ioli problemi, aveva solo in parte trattato nelle sue opere. I/autore, analizzando le vicende della politica ecclesiastica perseguita in Italia, dal Francesi e studiando la partecipazione