Rassegna storica del Risorgimento
PIERANTONI (FAMIGLIA) ; ROMA ; MUSEI
anno
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1954
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pagina
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123
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Libri e periodici 123
lo ricoBteuzioni indiscutibilmente rinnovalrici, lo interpretazioni intelligenti e so vcrchio l'indulgere di molti alle sintesi sbrigative, alle seduzioni di altre forme di retorica poiché l'antica, giustamente, era respinta , all'equivoca sofisticazione di contorni, di tinte, di toni La smania di fare o rifare il processo al Risorgimento perchè non è stalo diverso da quello che è stato, il bisogno di assegnargli intenti, programmi e mete più affini a quelli dei nostri giorni, l'impulso a punire con la romana damnatio memoriae personaggi troppo bene aggiustali in passato dalla lectio recepta, sono apparsi tra gli aspetti più caratteristici della storiografia celebrativa. Invece di rifriggere i valentuomini morti, sarebbe meglio lasciarli in - pace, o riprodurne de' vivi. Ma forse ti sarai accorto che gl'Italiani sono felici di trovar l'occasione di far il chiasso... . Ma, anche senza voler minimamente obbligare gli studiosi a condividere questo ironico sfogo del re dei Bastìan contrari che fu Massimo d'Azeglio con l'amicissimo suo Gino Capponi, non c'è dubbio che, avendo, come sempre, le eccezioni, ottime sebbene coniate, confermato la regola, si sono preferite dai più le pubblicazioni documentarie precise ed utili ai larghi voli di troppe fantasie e, soprattutto, quelle riguardanti la politica estera degli antichi Stati italiani.
La storia diplomatica è oggi' molto di moda tra noi, specialmente da quando, con evidente fraintendimento dell'invito crociano a calare, a risolvere la storia del Risorgimento in quella d'Europa, si è pensato da parte di alcuni che bastasse industriarsi a tracciare ritratti di ministri degli esteri, di ambasciatori, di inviati straordinari, a costringere entro un quadro di istruzioni, dispacci e rapporti la complessa molteplicità degli eventi, per potersi vantare di avere superato la fase precedente della storiografìa risorgimentale, condannata in blocco come quella che non aveva saputo alzarsi dalla più o meno mascherata insufficienza della cronaca. Ma cronaca e non storia è anche quella che non sa, in fondo, prescindere da una impostazione esclusivamente ed estrinsecamente politico-diplomatica: la vera storia diplomatica non può appagarsi solo dei carteggi e delle trattative dei governi e dei loro rappresentanti, ma, momento della vita d'una nazione, deve saldarsi o fondersi, come ha chiarito nella sua magistrale opera lo Chabod, in tutta la realtà morale, economica, sociale, religiosa, culturale. E, aggiungiamo, i documenti studiati non acquistano maggior valore solo perchè portano il bollo dell'archivio di Tarascon o di Kopenick anziché quello di Peretola o di Scurcola. La comprensione della situazione diplomatica non va mai disgiunta da quella delle forze ideali e morali, delle suggestioni dei miti e degli esempi, della realtà degli interessi e delle aspirazioni, dei fatti e degli stati d'animo.
Ottimo contributo hanno portato nel campo delle fonti, come ampiezza di materiale e importanza di documentazione, i tre volumi che il Comitato torinese dell'Istituto, presieduto dall'infaticabile Luigi Bnlferetti, ha dedicato alle corrispondenze degli inviali sardi da Firenze (Rassegna, a. XXXVHI (1951), pp. 113-114), da Roma (ivi, a. XXXIX (1952), pp. 91-92) e ora da Napoli al proprio governo. Il quadro dei rapporti Ira il Piemonte di Carlo Alberto e degli albori del regno di Vittorio Emanuele II e i tre maggiori Stati italiani è così completo.
La larga e intelligente introduzione di Guido Quazza, le utili note ed il compiuto corredo bibliografico accrescono il pregio del materiale raccolto in questo terzo volume, diviso, come quelli che lo hanno preceduto, in tre serie: dispacci del ministero degli esteri, dispacci dell'inviato, missioni straordinarie*'. Nel presentare la sua opera il giovane isterico piemontese dimostra di avere un giusto concetto di come oggi vada intesa e affrontala la storia diplomatica. Pur seguendo l'intreccio degli avvenimenti particolari, egli non perde mai di vista quelle che considera le due più opportune pietre di paragone , la politica nazionale del Regno sabaudo e di quello borbonico e i morivi sociali che potevano agire sulla determinazione degli atteggiamenti dei due gruppi dirigenti, in modo