Rassegna storica del Risorgimento

PIERANTONI (FAMIGLIA) ; ROMA ; MUSEI
anno <1954>   pagina <125>
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Libri e periodici 125
De Sauget Riabilitiamolo pure, rispondono i due Ministri Speditegli adun­que un comete Ed in questo modo, poche ore prima di quella stabilita per la partenza delle truppe, si continuava da quei Personaggi collocati in sì alte cariche a comporre il quadro degli Ufficiali Superiori della spedizione U>. 131). SJ la questione militare cru resa più ardua dalla situazione interna, scossa da agitazioni contadine nelle Provincie, da fermento e tumulti nella capitale, dove dominavano l'impeto e la tirannia dei partiti, come scriveva il 30 aprile il Collobiano, che accusava questi ultimi di essere avidi e impazienti di comando e di lucro (p. 145). Il contrasto di mentalità, di spirito e di costume rendeva ancora più difficile la comprensione: l'angusto egoismo borbonico cozzava contro l'intransigenza bellicosa del Gabinetto di Torino. Il Governo nostro è disposto a prendere parte, non solo, ma anche a sollecitare la riunione di un Congresso generale italiano quando la guerra sia vinta, ma così il Pareto al Rignon il 18 aprile fedele al proclama del 23 marzo vuole prima d'ogni cosa scacciare gli Austriaci (p. 21). Il che avrebbe avuto come conseguenza, si doveva pensare a Napoli, un radicale sovvertimento dell'equilibrio italiano a esclusivo favore del Regno sardo.
Il ritiro delle truppe napoletane dalla guerra aggraverà la crisi dei rapporti sardo-napoletani, sui quali peserà poco dopo anche il sospetto suscitato dalla offerta candidatura del trono di Sicilia al secondogenito di Carlo Alberto. La malaugurata decisione del Gioberti, divenuto presidente del Consiglio, di sostituire il Collobiano con il senatore Plezza provocava addirittura la rottura delle rela­zioni tra le due corti, per il rifiuto di Ferdinando II di ricevere il diplomatico improvvisato, già ministro degli interni del ministero Casali-CoUegno ed oca, come preciserò più tordi lo stesso Gioberti nel Rinnovamento, promotore della Lega italica e apportatore di caldi voti per l'accordo con la Sicilia.... (Nei Brevissimi cenni poco prima citati il faUimento della missione Plezza è presen­tato come provocato da motivi personali. IZ signor Plezza nominato inviato straordinario e ministro plenipotenziario a Napoli il 26 dicembre 1848. Per motivi personali non ha potuto ottenere di presentare le sue credenziali a quel Sovrano, malgrado le sue più vive istanze. Ripartì per Torino nei primi giorni di febbraio 1849 >). Solo dopo la resa di Palermo le relazioni furono riprese, in occasione della missione Balbo, inviata dall'Azeglio a Gaeta, assolata Coblenza del legittimismo ita-liimo, mentre il tragico inizio dei processi contro i liberali più eminenti riportava Ferdinando H sulla via dell'assolutismo integrale. Giustamente il Quazza, facendo suo e completando un acuto giudizio del Collobiano, nota che il distacco dei Borboni* dalle forze liberali e la riconfermata solidarietà dei Savoia con le classi medie e con le correnti moderate rappresentano l'apertura di due opposte vie di sviluppo, luna delle quali porterà i primi all'esilio, l'altra i secondi al Quirinale. Con tutti i suoi difetti, le sue incertezze, i suoi limiti, i suoi errori, lo statalismo sabaudo era in più naturale e concorde armonia col processo unitario; mentre quello borbonico rimaneva legato ad un assetto particolaristico, già segnato dai tempi. La rivoluzione del 1848 col suo decorso, con la stessa apparente vittoria della reazione, ferì mortalmente la monarchia borbonica di Napoli, por­tandone in piena luce questo carattere antilaliano o anacronistico, del quale llnaccomodabilitft al regime liberale e parlamentare era solo un indizio , aveva già affermato Benedetto Croce nella Storia del Ragno di Napoli e tale profondo significato del *48 partenopeo ho ora confermato e chiarito l'intelligente bilancio di quell'anno delineato dà Ruggero Moscati (Il Mezzogiorno d'Italia nel Risorgi­mento ed altri soggi, Messina, D'Anna, 1953, pp. 93-95). La ricca documentazione offertaci dal Quazza ci illumina inoltre sulla diversità sostanziale delle energie morali e sociali allora fermentanti nei due Stati. Mentre in Piemonte l'aristocrazia