Rassegna storica del Risorgimento
ROSSETTI GABRIELE ; ROMA ; MUSEI
anno
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1954
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pagina
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836
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Emilia Morelli
esser ciechi, non possono cessar d'esser muti; poiché non potranno parlare otto la guardia di tanti cerberi minacciosi, che gli stanno invigilando.
Di carte anteriori all'esìlio ne restano ben poche. Sei lettere a Domenico Rossetti (1807-1811), una a Giuseppe Avelloni (1809), altre al grande amico romano Jacopo Ferretti, al quale scriverà (e ne restano minute e copie) dal 1814 al 1853, mentre si sono conservate solamente quattro risposte (1833 1840). Ricordiamo poi Lady Dora Moore, che il Rossetti aveva conosciuta a Napoli e che scriverà in italiano dalla città partenopea e poi dall'Inghilterra otto lettere tra il 1822 e il 1828; interessante una risposta di Gabriele del 1824, nella quale sono descritti i successi di Giuditta Pasta a Oxford.
Messo piede sul suolo inglese, Gabriele Rossetti si affretta a ringraziare Lady Errol a Malta. Durante il soggiorno nell'isola mediterranea, aveva trovato la consolazione di molte amicizie, ma si era dovuto anche difendere, nel 1824, presso il console napoletano, dall'accusa di essere un prete spretato. Munito di lettere di presentazione che Edward Hinton gli aveva spedite da Napoli e, soprattutto, forte dell'amore che gli studi danteschi suscitavano nell'Inghilterra del secolo XIX, Gabriele Rossetti si crea subito un ambiente, che non sarà politico, ma letterario. Annoveriamo ira i suoi amici, la cui traccia si trova in queste carte, Thomas Keigbtley (6 lettere 1832-1853 fra le quali una recensione dello Spirito antipapale); Seymour Kirkup (14 lettere da Firenze 1840-1844); Lord Vernon (una lettera del 1843); H. F. Cary (tre lettere 1825-1827 e una bella risposta del gennaio 1825); Archibald Murray (tre lettere 1827-1833); William Stewart Rose (tre lettere 1824-1828); Mary Shelley (2 lettere del 1825 nelle quali chiede notizie sull'Alfieri per una biografia che si accingeva a scrivere); James Ford. A quest'ultimo, scrivendo nel 1849 del suo lavoro su Roma verso la metà del secolo XIX, Rossetti si lascia sfuggire questa frase un poco esagerata: Mi è stato scritto che il Papa presente l'avea letto, e che ne desunse gran parte dell'idea di riforma che avea felicemente iniziata, e da cui sì miseramente si è ritratto.
Ed ora ricordiamo gli Italiani, cominciando da una lettera affettuosa di Vincenzo Monti del 12 ottobre 1826. Di questioni letterarie e della diffusione degli scritti del Rossetti, trattano le lettere di Domenico Abatemarco (tre del 1824); di M. Andreotti (una del 1821); di Giuseppe Brambilla di Como, il quale, nel 1832, gli chiede una risposta sotto falso nome, perchè è in luogo dove per nulla si corre rischio d'esser condotto a veder la pesca delle balene; di Carlo Coccia (una del 1829), che gli annuncia di aver scritto un'opera che sarà rappresentata alla Scala; di Giovanni D'Aceto, il quale, pur parlando di questioni editoriali, non può esimersi dal notare, il 25 febbraio 1831, che a Parigi si dice che Roma è certamente a quest'ora libera. Le ultime nuove del 15 e 16 danno il Papa rinchiusosi nel Castel S. Angelo, e l'insurrezione nella città; di Francesco Paolo De Meis (due del 1840-1846); di Pietro Gian-none (una del 1841); di Angelica Palli. La poetessa si lamenta, il 25 maggio 1824, perchè la morte di Lord Byron non ha ancora destato l'estro dei nostri cantori. Bianca Milesi Mojon annuncia, invece, di aver fatto spedire il Veggente in solitudine a Carlo Di Negro, il quale benché verseggiatore di quisquiglie cattoliche, sa però valutare le malvagità del gran fattucchiere di Roma.
Giuseppe Poerio scrive a Gabriele Rossetti appena ritornato a Napoli nel 1834; Teresa Nardncci lo ringrazia, nel 1852, per i versi in memoria di suo