Rassegna storica del Risorgimento

VIDAL C?SAR
anno <1954>   pagina <854>
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854 Libri e periodici
austrìaca, passata agli Asburgo per credila sin dal 1374 e in quattro secoli ceduta a ben 22 feudatari che finirono per dissanguarla. Con il trattato di Campofonnio, come è uiiio, passavano alla piena sovranità di Casa d'Austria l'Istria veneta e la stessa città di Venezia, oltre la Dalmazia,, la Terraferma, le isole veneziane dell'Adriatico e le bocche di Cai taro: ma già prima del trattato (ciò che non tutti sanno) l'Austria aveva occupato improvvisamente l'Istria, abbondando di promesse di ogni genere per cattivarsi il favore popolare e vi si era insediata tranquillamente, incurante delle proteste che fioccarono, anche scritte, da ogni parte. Si schierarono invece dalla parte dell'Austria il clero conservatore cattolico e il ceto nobiliare, che si preoccupavano della sorte dei propri privilegi e vedevano nell'aquila bicipite una forza antirivoluzionaria. Quando fu paga l'Austria di aver visto sparire dal novero degli Stati europei la Repubblica di Venezia e potè padroneggiare finalmente sulle agognate coste adriatiche, tutto sommato non fece in quelle regioni che dell'ordinaria amministrazione, poco in verità curandosi di dare stabilità di forme e di funzionamento al sistema amministrativo e di rial zare seriamente le condizioni economiche sanitarie culturali delle popolazioni; benché aia doveroso affermare che, ad esempio, l'amministrazione instaurata dal primo governo austriaco nell'Istria ex veneta costituì indubbiamente un migliora­mento rispetto a quella dell'ultimo periodo veneziano, senz'altro fiacco e infecondo, più che non convenga il Quarantotti. L'Istria austriaca fu tenuta del tutto sepa­rala dalla ex veneta per tutta la durata del dominio austriaco, perchè l'Austria la considerava ancora politicamente non matura per una amministrazione comune; ma vantaggiosa senza dubbio fu per l'Istria marittima la fusione con Trieste,-jnussiuie. dal lato economico, perchè gli Istriani poterono introdurre a Trieste liberamente tutti i loro prodotti, eccetto l'olio, il sale, il tabacco. Trieste, però, aveva subito un breve dominio francese, tra il marzo e l'ottobre del 1797: da Gorizia, ove era entrato il 21 marzo, Napoleone aveva disposto che un corpo di truppe composto di due reggimenti di linea si recasse ad occupare Trieste, città verso la quale egli si sentiva sospinto, oltreché da ragioni di strategia, dal desi­derio di sfruttare le ben note ricchezze. Essa, in effetti, alla fine del '700, godeva fama di prosperoso emporio mercantile, soprattutto per il suo porto particolar­mente adatto per il commercio di transito dal Levante verso l'Europa centrale. I Francesi, secondo il lor uso, imposero spoliazioni, confische e taglie con grande apprensione della cittadinanza; ma due mesi appena durò la burrasca (benché qualcosa nell'aria sia rimasto di rivoluzionario e di democratico); e con la quiete tornarono a fiorire i traffici, favoriti anche dalla cessazione quasi completa della concorrenza veneziana. In breve volger di tempo, triplicato il valore degli scambi, Trieste venne generalmente considerata come uno dei porti più ragguardevoli d'Europa.
Ma la ritirata austriaca dopo la terza coalizione riaprì all'esercito francese hi via dèlia città, che fu, come al solito, barbaramente taglieggiata. All'occupazione di Trieste tenne dietro immediatamente quella dell'Istria ex veneta, che non fu trattata meglio, benché i Francesi fossero stati invocati come liberatori e come tali anche accolti: li, in vero, nonostante tutte le misure e le precauzioni dell'Austria-le nuove dottrine politiche d'o!tr*Alpe e il principio antiaustriaco avevano ormai, specie per opera dell'avvocato democratico Calafati, preso saldo e largo piede. Forti contribuzioni furono imposte a Capodistria, a Rovigno, a Pota: a Pirano si sfregiarono gli emblemi e si cancellarono le iscrizioni venete, offesa grave che non fu più perdonata ai soldati di Napoleone. Peraltro, sostituito al primo coman­dante delle truppe un secondo più illuminato ed umano e nominato un governo provvisorio presieduto dal Calafati uomo dotato di singolare attitudine politica e desideroso di distinguersi con utili attività e iniziative, le cose andarono mi­gliorando.