Rassegna storica del Risorgimento

TURGENEV IVAN ; ROMA
anno <1955>   pagina <6>
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Wolf Giusti
che nei lati cattivi; un uomo dotto osservava con finezza Tnrgcnev * proprio in forza della sua cultura non avrebbe potuto a quarant'anni possedere una simile natura centrale russa; qualcuno si meraviglierà aggiungeva Turgencv nel corso della sua penetrante analisi del termine idealista per caratterizzare Belinskij; egli negava infatti in nome d'un ideale ... che assu­meva poi nomi diversi: scienza, progresso, umanità, civiltà; a colpo d'occhio Belinsldj distingueva il bello dal brutto, il vero dal falso: egli non seher-zava mai né con l'oggetto dei suoi studi, né col lettore, ne con se stesso; non ammetteva l'arte per l'arte, come non ammetteva la vita per la sola vita; ma proprio a causa del suo ardore, del suo entusiasmo, del suo fondo di autodidatta, c'era nel suo animo una forte dose d'intolleranza.
Forse nulla di sostanzialmente nuovo è stato aggiunto, nel corso di tanti anni, a questo sereno giudizio, in cui ogni parola ha il suo peso e la sua sfu­matura.
In un paese che vedeva spesso la religione ortodossa usata quale stru­mento di governo e che vedeva sorgere, in seno alla giovane generazione in­tellettuale, un nuovo dogmatismo ateo e materialistico, vigoroso e intolle­rante come sono spesso le fedi ancora giovani, Turgenev poteva apparire uno scettico, un pessimista.1) La voce della Natura parla allo scrittore dal fondo di antiche foreste: e l'uomo non interessa l'indifferente Natura; l'ultima creatura TITYI ari a potrebbe scomparire e non ci sarebbe un fremito tra quelle impene­trabili selve. La Natura gli riappare nel sogno: la gelida figura femminea vestita di verde non pensa ai destini dell'umanità, ma a come aumentare la forza dei muscoli nelle gambe della pulce, perchè possa meglio sottrarsi ai nemici. Scrisse una volta il De Sanctis a proposito del Leopardi: Produce l'ef-fetto opposto a quello che si propone. È scettico e ti fa credente. Per Turgenev potrebbe se mai valere l'opposto. La sua visione della morte è vero non ci si presenta come quel cupo incubo che conosciamo da certi libri del Tolstoj (il ripugnante decomporsi di un corpo umano, l'orrore per qualcosa di nero che sta per afferrarci, il crudele contrasto del malato con i corpi sani che ancora godono i cibi e sentono la voluttà), ma essa non è meno triste: forse solo la generazione positivistica poteva sentire così dolorosamente, sotto colori grigi, il tormento di un velo che non riusciva ad alzare, il sottile desi­derio di una vita eterna e l'impossibilità di credervi in base ai dati della scienza. Nell'assenza di fede del Turgenev c'è come l'alito di una speranza che egli sa fallace. È possibile, si domanda il poeta, che le preghiere e le lacrime dei vecchi genitori di Bazarov restino sterili ? Forse, i fiori sulla tomba ci par­lano non soltanto dell'eterno riposo, dell'immenso riposo della indifferente natura, ma anche di una eterna riconciliazione e di una vita che non ha fine. Uno scrittore russo che è penetrato con finezza in certi meandri dell'anima di Turgenev, osservava: Egli credeva assai debolmente in Dio. Nelle ore più dolorose, preparava tuttavia una sua risposta senza ben sapere a chi. 2> I giovani non potevano ammettere queste sterili speranze e questi dubbi di fronte alla loro nuova fede che negava in blocco l'ai di là.
1) Sull'influsso di Schopenhauer su T., ci .sono cenni interessanti, anche se discutibili, in: NOTA. BBODIAABKY, Turgenev'e Short Stnrios (Simonie and East European Rovino, dicembre
1953).
2) B. ZAJCBV P5A*rS8v]v in Le Monde Slavo, settembre 1938.