Rassegna storica del Risorgimento

TURGENEV IVAN ; ROMA
anno <1955>   pagina <8>
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8 Wolf Giusti,
vineialc, sono dedicate alcune pagine fini di Asju: la piccola città dell'Otto­cento sembra sentire lo sguardo mite della luna: risplende il gallo dorato sul campanile gotico; finestre piene d'intimità gettano il loro bagliore su 'viuzze scure; in una piazzetta dalla forma triangolare risuona una vecchia fontana; profumano i tigli e si ode il lontano canto del guardiano notturno; un cane abbaia bonariamente. Ma anche prescindendo da queste delicate imma­gini, i racconti di Turgcnev s'inseriscono di pieno diritto nel tradizionale mondo narrativo europeo dell'Ottocento per la loro tecnica, per quel che di conciso e di chiuso nella narrazione degli avvenimenti, per la sintomatica assenza di tormentate e torbide evasioni della fantasia
A questa Europa, a questo Occidente ormai così fusi con la sua anima, Turgenev non manca tuttavia di esprimere, in vari momenti, critiche e riserve, consigli accorati ed espressioni improvvise di amarezza. L'Italia soltanto resterà fuori da ogni polemica, continuando a risplendere ai suoi occhi nella luce di un romanticismo un po' vago e di una calda simpatia umana.
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Contro l' equilibrato e scettico Turgenev partivano le frecce dei giovani. Sentivano in lui come l'accento di uno storicismo (poco importa se confessato o no), frutto di cultura e di buonsenso, legato al relativismo, allo scetticismo, a gusti signorili, ad una civiltà sostanzialmente liberale. Il rude e talvolta grossolano antistoricismo dei rivoluzionari aveva senza dub­bio il vigore della giovinezza, mostrava l'assenza di incertezze nell'azione, anche se nel pensiero dei giovani era piuttosto difficile di riscontrare un originale sforzo filosofico o una valida e nuova impostazione di metodi scien­tifici (potevano forse valere anche in questo caso le riserve del De Sanctis verso ogni scienza importata e non uscita da una lenta elaborazione dello spirito nazionale). C'era da questa parte l'istintivo senso di fiducia della giovane intelligencija russa, portata a ritenere facilmente realizzabile ciò che altrove poteva magari apparire materia di lunghi sforzi e opera di intere generazioni.
Ciò che forse maggiormente colpisce un osservatore spregiudicato in quei cervelli di rivoluzionari russi è la rapidità e l'aspetto totale delle loro conver­sioni (che sembrano non ammettere più dubbi, sorrisi scettici, possibilità so­stanziali di revisione). Quel Belinskij che aveva detto: la politica da noi in Russia non ha nessun senso e solo le teste vuote se ne possono occupare, affermava non molto dopo: il sentimento sociale... ecco il mio motto; che m'importa che l'universo viva, se l'individuo soffre ?. Quel Bakunin che aveva disapprovato con tanto impeto il sangue sparso durante la Rivo­luzione Francese e ammirato i Tedeschi per essersi tenuti estranei all'uragano rivoluzionario, forgerà poi le più pittoresche, colorite e violente formule rivoluzionarie di tutto quanto l'Ottocento. Quei ragazzi russi che sui ban­chi delle scuole medie abbandonavano la religione ortodossa, accettavano poi, quasi d'improvviso, come una rivelazione, le dottrine materialistiche e socialiste.
Un critico tubercolotico, Dobroljubov (che Turgenev aveva cercato di farsi amico, perchè a persone giovani, profondamente prese dalla loro mas-