Rassegna storica del Risorgimento
PIO VI ; ROMA
anno
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1955
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pagina
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Un progetto di eleggere a Roma un antipapa* ecc. 69
nere, tanto più che la notizia era sicurissima, avendola egli ricevuta direttamente dal generale Yial. A confermare vieppiù il prelato nelle sue afflizioni fu un prete suo amico, che gli disse di aver avuto la notizia da un nobile reatino, Gabriele Vicentini, il quale, a sua volta, diceva di averla, saputa dall'ex ambasciatore veneto a Roma, Pietro Pesaro. Quest'ultimo, interrogato dal de Gregorio, non ebbe difficoltà a dirgli di averla appresa dalla viva voce del generale Dallemagne. Non ci volle di più per convincere nions. de Gregorio a fuggire al più presto a Siena, dopo aver ottenuto, al prezzo di una piccola bugia, un passaporto.
Fin qui il Baldassarri e, purtroppo, questo strepitoso progetto non ci viene confermato da nessun'altra fonte. *) Cosa c'è di vero nelle affermazioni di mons. de Gregorio e del Baldassarri ? Scrive il De Felice che il tentativo romano di creare un antipapa, che per me, qualora ne fosse accertata la consistenza reale, non può nascere che in ambienti irresponsabili e fantasiosi, rappresenta, invece, il logico concretizzarsi della corrente evangelicogiacobina e in particolare del suo più importante esponente Claudio della Valle. Il De Felice, che ha fatto dell'ex canonico della Valle, presidente della Commissione ecclesiastica durante la Repubblica, l'oggetto di lunghe, appassionate e fortunate ricerche, mi sembra che attribuisca al suo personaggio un'importanza che nella realtà non ebbe.
Nella complessa realtà ideologico-politica della prima Repùbblica romana il De Felice vede profilarsi tre correnti principali: quella di governo, moderata e nlofrancese a oltranza, quella cattolica democratica e quella giacobina, radicale e estremista. Siamo d'accordo e per parte mia mi pare di averle già abbastanza chiaramente descritte, nelle loro linee essenziali, proprio nelle pagine che il De Felice recensisce. I moderati al governo svolgono una politica religiosa prudente, dominata dalla preoccupazione di non aggravare il distacco del nuovo regime dalla popolazione, mentre, all'opposto, i giacobini estremisti ostentano la loro irreligiosità, che molto spesso ripudia anche il vago deismo dei teofilantropi, e trascende in episodi di violenta intolleranza. La corrente cattolica democratica riprende a Roma motivi e argomenti sull'accordo tra la religione e la democrazia, che a Genova e a Milano avevano trovato più illustri interpreti e destato maggiore interesse. Ne andrebbero meglio precisate la composizione e l'influenza e anche gli eventuali apporti giansenistici. La presenza di una corrente evangelico-giacobina, e cioè, se ho bene inteso, molto vagamente cristiana (perchè ancora in qualche modo ispirantesi al Vangelo, ma intollerante di ogni dogma e disciplina, come anche di ogni organizzazione ecclesiastica), si potrà forse anche a Roma dimostrare, ma il problema è quello di chiarire come si definì, quale fu la sua consistenza e, soprattutto, quale accoglienza ebbe negli ambienti romani. Sugli evangelico-giacobini romani il De Felice ci annunzia un suo studio di prossima pubblicazione: il suo sforzo principale, a mio parere, dovrà essere quello di individuare le caratteristiche
1) Non ne fanno cenno il Sala e il Galimberti e nemmeno il Diario di Francesco Fortunati (cod. Vat. lat. 10730) e le Memorie da servirà per il diario di Roma .in tempo di rivoluzione e di sede vacante (cod. Vat. lai. 10629) per citare solo le fonti memorialistiche rpiii:* cine all'ambiente della curia e più sensibili agli aspetti religiosi degli avvenimenti della Roma giacobina.