Rassegna storica del Risorgimento
PIO VI ; ROMA
anno
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1955
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pagina
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Vittoria E, Giuritella
proprie dì questa corrente, nei suoi aspetti religiosi e politici, distinguendola da una parte da quella cattolica democratica e dall'altra dai tentativi, che anche a Roma furono fatti, di introdurre la teofilantropia e il culto decadano. Per valutarne la reale influenza, oltre che le fortune personali del della Valle e la fama dei suoi scritti, bisognerà, poi, ricollocarla nei quadro pia vasto della storia religiosa del Settecento romano, che è diversa da quella ohe il De Felice immagina. Le religiosità tradizionale è in questo scorcio di tempo ancora viva e intensa e si potrà, se si vuole, definirla superstiziosa e formalistica, priva, cioè, di un'adesione intima e profonda (e certe manifestazioni spettacolari ce lo confermano), ma non si può negare che essa costituisse, e costituirà ancora per più di un mezzo secolo, il tessuto connettivo della vita sociale romana. Non tener presente questo rende incomprensibili certe antinomie e incoerenze del mondo romano, che stupiscono il De Felice e lo conducono anche a valutazioni errate circa l'atteggiamento delle classi popolari di fronte alla rivoluzione.
Debbo rimandare ad altra occasione un più ampio discorso sulla popolarità o meno della Repubblica romana (altro punto sul quale sono in sostanziale disaccordo con il De Felice) per ritornare al tentativo di eleggere un antipapa. Esso non sarebbe potuto venire dai cattolici democratici, i quali, come osserva giustamente il De Felice, sono sinceramente democratici, ma, aggiungo io, vantano la loro completa ortodossia. L'ex gesuita Bolgeni, il quale si adopera con i suoi scritti a favorire l'incontro dei cattolici con la democrazia repubblicana (fondando la soluzione del conflitto tra lo Stato e la Chiesa sulla distinzione delle due potestà sovrane e indipendenti l'una dall'altra, ciascuna nell'ordine suo) afferma esplicitamente in più luoghi la sua fedeltà a Pio VI e dichiara che sarebbero inaccettabili quella costituzione e quelle leggi che comandassero di non riconoscere e di non ubbidire il Papa come capo della Chiesa con vera autorità e giurisdizione di comando sopra tutti i Cristiani. *) Egualmente gli altri scrittori cattolici democratici pur tra le violente declamazioni contro il dispotismo papale, distinguono l'opposizione al sovrano temporale dall'obbedienza al capo della religione. Gli stessi giansenisti italiani, i quali accolgono con entusiasmo la notizia della democraticizzazione di Roma, non basano la loro riforma religiosa, che sperano possa ora compiersi, sulla deposizione di Pio VI. I moderati, che declamano anch'essi ad ogni momento contro il malgoverno del despota abbattuto (le loro posizioni si confondono qualche volta con quelle dei cattolici democratici, il che rende più insidiosa la ricerca), riaffermano anche che ricondotta la religione alla sua primitiva semplicità e purezza essa sarà libera di vivere e espandersi ed à dal loro seno, che viene espresso nell'atto sovrano del popolo romano l'articolo che assicura al Papa la piena libertà spirituale e la protezione della Repubblica. Saranno proprio essi a respingere un progetto del presidente della commissione ecclesiastica per la eiezióne dei parroci, prò* getto certo meno rivoluzionario della destituzione di Pio VI.
Che nella mente dell'ex canonico Claudio della Valle possa essersi affacciata l'idea di contrapporre a Pio VI un antipapa può darsi, ma deve esser provato, non basta affermarlo, che questa idea rappresenti proprio il con-
ì) Vfld. soprattutto: Sanlimonti di GIANVINCBNZO BOLCEPU, ... sul giuramento civica proscritto, dalla Repubblica romana.., Roma, Salomon!, anno] YH-