Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVI COMUNALI ; PIETRASANTA
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1955
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pagina
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84
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84 Libri e periodici
dopo il 2 dicembre, senza l'inflazionismo retorico e le 'rodomontate oceaniche dell'Hugo (si pensi al prologo dello Shakespeare), si riproporrà con angoscia il problema della storia recente di Francia. A che cosa aveva, condotto il grande sforzo rivoluzionario? Nel diario della moglie seguiamo il cammino che lo ha portato a trovare una risposto. Il furore cieco di alcuni fanatici ha fatto perire* secondo lui, i granài iniziatori della rivoluzione. Ma i grandi delitti non possono giustificarsi, o per lo meno accettarsi so non por i grandi risultati che ne derivano. Robespierre, malgrado il sangue e i massacri, non era riuscito a fondare la libertà; non aveva, cioè, realizzato il fine della rivoluzione il cui compito non poteva essere solo quello della violenza demolitrice senza una con* temporanea opera di costruzione morale. Il popolo vero rimaneva ancora da creare: occorreva sollevarlo all'altezza della patte che gli si attribuiva. Tenderlo degno di questa, agevolarne la sua vera sovranità morale e di fatto. Questo il compito della democrazia e della repubblica: il popolo non è che un erede presuntivo, non già e non ancora un monarca assoluto ed infallibile.
io;a> diversa poteva essere la preoccupazione di chi, nato quando la grande: rivoluzione si inginocchiava all'impero di un soldato di genio, ricordava di aver visto il popolo plaudire alla Restaurazione, alla rivoluzione di luglio, alla monarchia borghese, alle barricate e alle avventure socialiste della seconda repubblica, alla ripetizione dell'esperimento consolare, al soffocamento della libertà. E sempre in nome, o nell'illusione, del proprio interesse materiale, senza alcuna preoccupazione o alcun sospetto che la perdita della libertà potesse, alla fine, rilevarsi contraria a quello stesso interesse.
Si poteva ancora sperare? L'esaltazione indiscriminata della rivoluzione da parte di un rinascente giacobinismo, cara a qualche storico, le spiegazione freddamente fatalistica di qualche altro, quali conseguenze potevano avere sulla educazione del popolo? Perchè questo andava educato: si doveva fargli sentire che* illogica e astratta, la rivoluzione aveva voluto sopprimere il tempo, e s'era illusa di incamminarsi alla sua impresa sopprimendo gli uomini, ma non aveva vinto. Perchè davvero singolare modo di vittoria era quello che aveva precipitato ai piedi di un generale i rivoluzionari. Qualunque cosa pensasse in contrario lo storico giacobincggtante Louis Blanc, la realtà aveva confermato che non si rinuncia impunemente alla umanità e non ci si può servire, sia pure per un nobile scopo, delle armi della tirannide. Chi semina un'ascia nel solco non raccoglierà inai la messe. Il terrore era stato per il Quinci uno degli elementi negativi della rivoluzione: esso non fu solo un delitto di lesa umanità, ma un attentato alle istituzioni politiche, con il quale fu distrutto l'equilibrio delle varie opinioni costituenti il potere repubblicano.
Alla sua sensibilità di poeta e di profeta, che dava calore e colore alla sua intelligenza e al suo atteggiamento critico, lo spirito nuoVo appariva rappresentato dai girondini; Robespierre e ì terroristi erano ancora il vecchio spirito inatti Bitonale. Schiavi, in fondo, del passato, ghigliottinavano quanti volevano affran-parsene. Robespierre era; 'Cèrtamente in buona fede nel suo sogno di rigenerazione totale della Francia, ma, diceva Quinet a sua moglie, .non si moralizza a colpi di patibolo. E quale differenza in sostanza tra Robespierre e Bonaparte? Solo, forse, che il primo non era riuscito, come l'altro, a diventar dittatore.
Il passato, dal cui peso i due non hanno saputo affrancarsi, è per il Quinet il grande colpevole, non solo del terrore, ma di tutta l'insufficienza rivoluzionaria. La sua più dura accusa ai protagonisti è di essere rimasti, nella pratica, uomini dell'antico regime, lì!, in altro senso, il concetto di Tocqueville, lo scrittore nel quale ammirava, soprattutto, la capacità di toni éelairer d'une lumière scremo et impaniale. In altro senso, però, perchè, mentre Tocqueville ha davanti agli occhi la continuazione logica o il logico sviluppo delle istituzioni, il Quinet non