Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVI COMUNALI ; PIETRASANTA
anno
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1955
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pagina
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112
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112 Libri e periodici
lume I, pag. 7). E non scriveva ancora il Do Rosa noi primo volume che -ti neoguelfi, i conciliatoristi, i cattolici liberali non entrano ìn una storia dell'azione cattolica se non di riflesso; come "fuggiaschi, per cosi diro onorari e disertori di grido? "... (voi. I, pag. 46). Ora non vi è dubbio che la stessa esclusione dovrebbe valere per il Murri e per la Lega democratica nazionale e, perchè no, anche per il Cornaggia e per il Moda nel momento in cui hi loro volontà di incontro con la borghesia liberale si spinge, almeno secondo quel che l'Autore ci dice, assai al di là delle intenzioni della Santa Sede e delle direttive ufficiali da essa impartite al movimento cattolico.
La verità è, a nostro avviso, che il De Rosa, nel secondo volume, ha implicitamente scontato l'errore commesso nel primo e non si è mancato su queste stesse pagine di rilevarlo ') di aver arbitrariamente inteso Fazione cattolica organizzata come espressione di tutto il laicato, negando perfino a neoguelfi, con-ciliatoristi e cattolici liberali, la qualifica propriamente parlando di laicato cattolico (Volume I, pag. 46). Senonchè a partire dal 1904, come è noto, si attenua di molto il divario fra le due correnti degli intransigenti da un Iato e dei transigenti o conciliatoristi dall'altro: questi due filoni variamente s'intrecciano e si confondono nel clcrico-modcratismo, sicché a meno di limitarsi ad una storia puramente interna ed organizzativa dell'azione cattolica diviene impossibile la comprensione anche delle sole posizioni politiche autorizzate dalla gerarchia ecclesiastica senza rifarsi proprio a quei fuggiaschi onorari e disertori di grido , che il De Rosa aveva escluso dalla sua narrazione.
Dalla forza stessa delle cose insomma l'Autore è stato ricondotto ad allargare la sua prospettiva cosicché da storia dell'azione cattolica la sua è diventata propriamente storia del movimento cattolico nel senso più ampio dell'espressione, che ricomprende cioè tutto il laicato, quello che opera alle strette dipendenze della autorità e quello che batte, a proprio rischio e pericolo, vie originali e non di rado prepara così la strada al primo. È nata però da questo allargamento di prospettiva una evidente discrasia fra i dne volumi dell'opera, sicché nel secondo appaiono sulla scena nomini e forze, dei quali s'ignora il passato e che restano perciò come sospesi a mezz'aria. D'altra parte fenomeni, come quello dell'autonomismo e dclTacorifcssionalismo di Sturzo che avevano un chiaro precedente nelle posizioni dei transigenti sono presentati come totalmente nuovi ed originali mentre tali non sono. Tutto ciò dimostra, seppure ve ne fosse bisogno, l'assoluta necessità di un esatto inquadramento del fenomeno dell'azione cattolica nel campo più vasto della attività del laicato cattolico nella sua interezza e nella dinamica propria del mondo cattolico. Questo e non altro evidentemente era il senso dei rilievi mossi già al primo volume da qualche critico di parte cattolica (pag. 79, nota), dei quali rilievi troppo facilmente l'Autore si è sbarazzato, nel momento stesso in cui se ne valeva, riducendoli arbitrariamente all'assurda pretesa di riservare la storiografìa sul movimento cattolico ai cattolici soli, e per di più di stretta osservanza. Pretesa assurda, in realtà da nessuno avanzato, tanto è vero che il De Rosa non ha fatto alcun nome, come pure sarebbe stato doveroso.
L'Autore dunque in questo secondo volume della sua opera interpreta tutto il movimento dei cattolici dopo il 1905, e non più solo l'azione cattolica propriamente delta, secondo il clichet unico di un teocraticismo politico che, variamente colorandosi di forme e programmi democratici, prosegue nel suo intento fondamentale di riconquista dello Stato.
Può ben dirai egli scrive (pag. 13) che il movimento sollecitato dalla Rerum Novarum ha rappresentalo, in sostanza, la mera premessa, la semplice condizione di fatto, sulle quale fu, ed è sempre possibile, por l'integralismo il costruire
1) Si veda la mia recensione al primo volume del De Rosa sulla Rassegna, anno IX 41953), pag. 288 o segg.