Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVI COMUNALI ; PIETRASANTA
anno
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1955
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pagina
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115
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Libri e periodici 115
critica dello stesso, assai più rbc in una narrazione delle vicende politiche dell'azione cattolica. La parte narrativa ed espositiva è totalmente sacrificata per lasciare tatto il posto al dibattito delle idee e delle posizioni ideologiche. Esigenza validissima anche questa, ma perchè mai l'Amore ha fatto allora un volume di storia?
Per non ripetere i rilievi già fatti nella recensione sopra citate del Fonzie ci limiteremo ad una figura sola* una delle maggiori, quella di Romolo Murri e al movimento che dalle sue posizioni prende le mosse: la Lega democratica nazionale. Già nella recensione al primo volume del De Rosa notavamo la confusione fatta dall'Autore fra le varie posizioni del Murri, tutte ridotte, arbitrariamente, sotto l'etichetta di un teocraticismo imbevuto di modernismo. Ora il De Rosa sembra fare delle concessioni verbali, parlando di Murri di prima o di seconda maniera, ma riconferma poi nelle pagine dedicate alla Lega democratica nazionale, il rigore della sua tesi. Pagine che assumono valore esemplare del metodo seguito dall'Autore. Nella lunga nota introduttiva di carattere bibliografico il De Rosa ha citato opere notissime sul modernismo dal Buonniuti, al Prezzolili!, al Rivière; ma poi tutto il capitolo, a parte le prime pagine di interpretazione ideologica del movimento in effetti è spesso nelle prime pagine dei vari capitoli che il De Rosa enuncia le sue tesi come premessa alla successiva ricerca appare condotto essenzialmente sulla base delle notizie offerte dal Palumbo e forse, seppure non citato, dal Magri nella sua storia de L'azione cattolica in Italia, con l'aggiunta solo di qualche fonte marginale. Perfino le opere del Murri, quelle stesse che sono citate nelle note bibliografiche, non compaiono più o compaiono solo fugacemente. Ma perchè mai l'Autore non è andato agli Atti dei congressi e perchè non ha seguito la stampa del movimento? Vi avrebbe trovato indubbiamente una realtà assai più varia e più ricca di quella delineata nel suo capitolo sul modernismo politico; vi avrebbe trovato, in definitiva, il segno di uno sforzo costante di superamento proprio di quei limiti che egli pone appunto al cosi detto modernismo politico. È vero: il Murri e con lui la Lega democratica nazionale non riusciranno mai a liberarsi dalla contraddizione di dichiararsi autonomi sul piano politico e di assumere di fatto posizioni essenzialmente religiose; non riusciranno mai, a differenza di Luigi Sturzo, a scoprire un'autentica dimensione politica. Chi scrive concorda in questo con le conclusioni del De Rosa ed ha cercato per suo conto, in una breve monografia di prossima pubblicazione, di dimostrarlo sulla base appunto degli Atti congressuali della Lega democratica nazionale; ma non per questo si possono negare assai significative aperture. Ricordiamo solo il programma di politica ecclesiastica presentato dal Gallarati Scotti al secondo congresso della Lega tenuto a Rimini nel settembre 1908: esso non può certo ricondursi entro il clichet proposto dal De Rosa di un teocraticismo di tipo leoni ano rovesciato in senso modernistico; in esso si nota assai chiara l'ispirazione cattolico-liberale; sembra a noi anzi, che, attraverso il contributo del Gallarati Scotti alla vita della Lega, si realizzi l'incontro della tradizione cattolico-liberale con la tradizione sociale di origine intransigente.
Ma ancor prima si ricordi l'impostazione del problema dei rapporti tra Stato e Chiesa, offerta dal Murri stesso in un breve opuscolo di propaganda, L'essenza del cristianesimo (Bologna, 1907). In esso si tenta di fondare la distinzione tra Stato e Chiesa e di conseguenza la libertà religiosa, sulla considerazione della diversa natura delle due società e della incompetenza perciò dello Stato per tutto quanto attiene la coscienza individuale. Vi si insiste pure sul motivo della volontaria adesione alla Chiesa e del vìncolo necessario invece che lega i cittadini allo Stato. Motivi tutti di grande interesse che segnano, sia puro confusamente, il superamento della tradizionale teoria della tesi e detTipotesi ed aprono prospettive nuove alla concezione cattolica dei problema della libertà religiosa.
Si potrebbe continuare a lungo su tali considerazioni; mu esse sono forse già sufficienti ad intendere la sostanziale inesattezza del giudizio offerto dal Do