Rassegna storica del Risorgimento
SILVA PIETRO
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1955
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667
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Amici scomparsi
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vano avuto sul nostra paese durante il regno di Luigi Filippo. L'attenzione del Silva si portò soprattutto sul periodo 1830-32 e sul biennio 1846-1848 (trascurando un po' il periodo cruciale 1840-41) e la conclusione cui giunse fu che la politica francese di quegli anni fu ambigua nei confronti dei liberali italiani, rese la Francia ad essi invisa, infeudò sempre più Parigi all'Austria e spinse gli Italiani nelle braccia dell'Inghilterra come conseguenza dell'involuzione reazionaria e dinastica della Monarchia di Luglio di cui l'ultimo episodio, conclusivo, furono i cosiddetti matrimoni spagnoli. Tesi in gran parte accettabile, e solo parzialmente rivedibile pur essendo scorsi da allora 40 anni ed essendosi aperti numerosissimi archivi allora chiusi alle indagini degli studiosi.
Nel frattempo Pietro Silva vinceva la cattedra di storia nell'Accademia Navale di Livorno (1913), conseguiva la libera docenza in Storia moderna (1914), diveniva collaboratore del Corriere della Sera (1915) e col direi* tore di questo grande giornale si buttava nella lotta per il risveglio delle nazionalità oppresse, partecipando al cosiddetto Patto di Roma, (aprile 1918), infine vinceva la cattedra di Storia nel Magistero dell'Università di Roma (1923) ove insegnò fino alla morte.
Infatti, pur avendo vinto successivamente (1924, 1927, 1932) altri concorsi per le facoltà di lettere di Cagliari, Bologna e Napoli, non si potè muovere più dal Magistero o per motivi di famiglia (nel caso di Cagliari) o per urti politici con il Regime alle cui concezioni il Nostro non aderì.
Apparvero in quegli anni, oltre a cose minori, il bello studio su La politica di Napoleone III in Italia (Milano, 1927) diretto soprattutto a confutare il panegirico che il Mazziotti aveva compiuto del Sovrano francese, ed a rimettere entro più ristretti limiti le benemerenze di costui verso il nostro paese, e l'opera e II Mediterraneo dall'unità di Roma all'unità d'Italia (Milano, 1927), che è considerata la maggiore del Silva, e che indubbiamente Bfu quella che gli diede la massima notorietà in Italia ed all'Estero. Fu merito infatti del Nostro il saper condensare in alcune centinaia di pagine la storia dei popoli e delle origini di quel mare in relazione alla storia e alle sorti dell'Italia realizzando così un progetto vagheggiato dal Balbo fino dal 1845. Libro indubbiamente suggestivo, questo, anche perchè scritto assai brillantemente, che le doti di scrittore del Silva, già apprezzabili fino dai suoi primi lavori, si erano andate vieppiù affinando.
Fu, questo, l'ultimo grande lavoro del Silva, il quale, negli anni seguenti, pur lavorando assiduamente, fu distratto o da lavori scolastici (quali i suoi noti ed eccellenti manuali), o da lavori di attualità (quali l'edizione italiana delle Memorie di Strescmann) o non andò oltre il saggio, genere nel quale il Nostro ebbe pure modo di affermarsi. Inutile l'elencarli qui, che essi furono raccolti, successivamente, ad opera dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, nei due volumi Figure e Momenti di Storia italiana (Milano, 1938) e Fasi di Storia europea (Milano, 1940): diremo solo che in essi il Silva portò sempre quello spirito critico, che come lo aveva spinto a moderare gli entusiasmi altrui per Napoleone III, così qui attenuerà quelli del Luzio per Carlo Alberto; e portò pure quell'ardore e quella passione per la ricerca archivistica che aveva manifestato fino dalla giovinezza. Infatti il Silva fu tra i plinti a comprendere l'importanza del documenti inglesi per la storia del nostro Risorgimento, e compì alcuni sondaggi relativi alla guerra di Cri-