Rassegna storica del Risorgimento

SILVA PIETRO
anno <1955>   pagina <683>
immagine non disponibile

Libri e periodici 683
fascismo. Con la trattazione del periodo che va dalla Conciliazione al 1945 e che vedo vari momenti di contrasto tra il Vaticano, il governo fascista ed il razzismo nazista, il Candeloro porta a conclusione il suo lavoro che, secondo PAmbrosoli {Belfagor, a. IX, 1954, n. 5), imposta in modo unitario la storia del movimento
cattolico. T, -,
RENATO GIUSTI
FRANCO VENTURI, Il populismo russo (Biblioteca di cultura storica, 46/); Torino, Einaudi, 1952, 2 voli, in 8, pp. XVII-1194. L. 6.500.
Lo storico J. Droz, recensendo questi due bei volumi nella Revue historique (juillet-septembre 1954, pp. 128-130) definiva l'opera in oggetto imo studio del populismo non dans ses developpcments ultéricurs, mais dans scs premières mani-festations, dans la periodo de sa plus grande spontanéité, de sa plus grande sinceri té, de sa plus grande force*. Non, quindi, una storia completa del movi­mento populista, ma una paginja di storia del movimento socialista europeo > (potremmo ripetere col Venturi) in quel periodo 1848-1861 , in cui tutto il socialismo russo è populista, mentre più tardi si differenzierà in socialista-rivolu­zionario, social-democratico, menscevico, bolscevico, anarchico.
Per comprendere il carattere del populismo, è necessario partire dalla rivolta dei decabristi del 1825 non solo perchè quell'esperienza costituì la vera inizia­zione alla vita politica di Alessandro Hcrzen, il creatore del populismo , ma perchè l'azione decabrista fu l'unica che potremmo definire liberale e costituzio­nale, alla maniera dei moti spagnoli e italiani del 1820-*21. Il fallimento di quel­l'azione, infatti, e la dura repressione seguita, influenzerà in maniera decisiva il mo­vimento populista. Si pensi anche soltanto all'idea del sacrificio (sulla quale il Ven­turi ha scritto alcune tra le più belle pagine dell'opera), presente nei decabristi, e, poi, nei populisti. Idea che può servire a comprendere, anche se solo in parte, il fatto che dei nobili, padroni di servi, si facessero promotori di una politica che mirava alla liberazione dei contadini. Abbiamo detto solo in parte perchè, come il Venturi ricorda, storici posteriori, soprattutto Pokrovskij, bando voluto dimo­strare che in realtà i nobili russi avrebbero tratto un giovamento dalla liberazione dei servi, che le condizioni dell'economia andatasi sviluppando sempre più su una base di mercato interno per i prodotti agricoli e di scambi internazionali indicavano loro questa via di progresso (p. 7). Comunque il fatto notevole era che il movimento liberale decabrista aveva assunto un aspetto di rivoluzione sociale*, il che, come acutamente dice l'A., non era dovuto solo al fatto che la cultura settecentesca non aveva subito brusche interruzioni in Russia (che non aveva avuto né rivoluzione, ne vera occupazione napoleonica, né restaurazione), ma, soprattutto, al fatto che la realtà contro cui (i decabristi) dovevano combattere non permetteva loro di fermarsi al liberalismo (p. 8). La base di questa realtà russa era Yobscina, la comunità contadina, die imponeva il dilemma della libe­razione dei servi senza terra o con la terra , facendone dei braccianti o dèi piccoli proprietari, soluzioni che erano state adottate la prima dagli Inglesi e la seconda dai Francesi. Contro quest'ultima, anzi, si appuntarono le critiche di Bustezev del 1850, il quale notava come le terre distribuite dopo la rivoluzione dell'89, in meno di un secolo si fossero suddivise a tal punto in seguito a eredità, matrimoni o altro, che metà di esse era passata nelle mani dei monopolisti e l'altra metà aveva cessato di dare un* nendila qualsivoglia (p. 16). Sia conser­vatori sia rivoluzionari rivolsero la loro attenzione su questa comunità contadina,