Rassegna storica del Risorgimento

TOSCANA ; RESTAURAZIONE
anno <1956>   pagina <5>
immagine non disponibile

Aspetti legislativi della Restauratone toscana 5
dente del Buon Governo, ossia di ministro della polizia nuovamente costituita secondo l'antico sistema, Aurelio Puccini, un tempo, nei 1799, giacobino ardente e che in seguito aveva cambiato idee e sentimenti facendosi asser­tore dei principi legittimistici ed assolutistici. Di lui si avrà modo di discor­rere più in là, esaminando le funzioni e l'attività del dicastero cui egli era stato preposto, che costituiva il cardine del sistema non solo poliziesco, ma amministrativo in genere della Toscana. Per ora basterà notare che con legge 27 giugno 1814 venne precisato che, visto il ristabilimento della Presidenza del Buon Governo investita delle funzioni di polizia superiore per tutto il Granducato, tutte le autorità toscane, di qualsiasi grado fossero, le quali esercitassero attribuzioni politiche e governative, erano sottoposte a tale organismo, con cui avevano l'obbligo di corrispondere per tutto ciò che ri­guardasse l'ordine pubblico nello stato; in realtà, però, i limiti delle funzioni e delle attività del Buon Governo erano assai vaghi e di fatto si ritornò al­l'antica preponderanza di esso in quasi ogni settore della vita pubblica toscana, compreso quello giudiziario, come si avrà modo di rilevare a propo­sito dei così detti processi economici.
La conferma della legislazione francese nel Granducato aveva, come si è accennato, un carattere puramente provvisorio: quanto al riordinamento definitivo di tutto il sistema legislativo, esso poteva essere attuato secondo due criteri diversi e cioè si poteva o tornare senz'altro, con sole poche even­tuali modifiche, al sistema di leggi in vigore al tempo della partenza di Ferdi­nando HI, oppure approfittare delle particolari circostanze in cui ci si era venuti a trovare per elaborare un sistema normativo nuovo, che tenesse conto delle molteplici, ricche esperienze derivanti dalla codificazione francese. Ora, il governo toscano adottò in sostanza entrambe questi criteri, appli­cando il primo alla legislazione penale ed il secondo alla legislazione civile. Il ritorno alle leggi penali anteriori all'occupazione francese era reso possi­bile, senza che ciò significasse un troppo netto regresso giuridico, dal fatto che la Toscana, in virtù della grande riforma Ieopoldina del 1786, inte­grata successivamente da quella di Ferdinando III del 1795, si trovava, sul finire del secolo XVIII, all'avangardia in questa materia rispetto a quasi tutto il resto d'Europa: l'insegnamento di Cesare Beccaria non era stato vano e su di esso si era largamente modellata la riforma di Pietro Leopoldo la quale, per la larghezza di vedute cui era improntata, aveva suscitato anzi le critiche, quasi lo scandalo, di uomini pur non eerto retrogradi, quali ad esempio il Forti, insigne cultore di diritto, che lamentava: I delitti, che hanno grande entità morale sono puniti così mitemente, che è vergogna a dirlo. Lo spergiuro, la falsa testimonianza, l'ingiuria atroce sono parse bazzeccole al legislatore toscano. 30 Certo, la legislazione penale Ieopoldina non era esente da difetti anche gravi, che non erano però tanto costituiti da un'eccessiva mitezza delle pene, quanto da ben altri fattori, come, ad esempio, la mancata precisa definizione dei delitti e l'assenza di ogni enun­ciazione di circostanze aggravanti od attenuanti, difetti ohe non aveva man­cato di mettere in risalto, con ben maggior fondamento, lo stesso Forti. Tale legislazione, tuttavia, non trovava nessuna particolare ostilità da parte
1) Cfr. L. GALEOTTI, Delle leggi e tMVammUmtrazione della Toscana, Firenze, 1847, p. 17.