Rassegna storica del Risorgimento

TOSCANA ; RESTAURAZIONE
anno <1956>   pagina <16>
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16 Alberto Aquarone
récìproquc.1) Giudizio non dissimile da quello formulato dal peraltro meno imparziale Montanelli, che cioè se la Toscana era esente dai flagelli d'altri stati italiani, non aveva soldatesca straniera, come Lombardia, monopolio clericale, come Roma, gesuitismo e aristocrazia, come Piemonte e Napoli, racchiudeva germi d'inferiorità morale tutti suoi, fecondati dal reggimento civile in lei succeduto alla dominazione francese. z)
La Toscana della Restaurazione, cioè, pagava la sua tranquillità, la mitezza del suo governo, la relativa stabilità economica che godeva, con l'an­chilosi delle sue istituzioni, l'indifferenza venata di cinismo della grande maggioranza della sua popolazione di fronte ai problemi vitali del momento, il quietismo oltranzista della sua borghesia e della sua classe colta. Era con­vinzione del suo primo ministro che gli stati non hanno altri bisogni che quelli di ordine materiale, che gli stimoli ideali ed etici non possono mai far parte del patrimonio spirituale di tutto un popolo: ed il popolo toscano si avvezzò ad essere pago della sua tranquillità, del suo mediocre benessere ed a rifuggire da ogni possibile modificazione dello stato di cose attualmente esistente. In un certo senso, il paterno governo lorenese era quello che più efficacemente contrastava gli ideali di nazionalità e di libertà politica che dovevano infine prevalere, in quanto esso, con la sua politica soporifera e saviamente tollerante, recideva i nervi stessi del patriottismo italiano che finiva col vedersi preferire negli animi l'aspirazione ad un tiepido e quieto Benessere provinciale, una vita priva si di ideali, ma priva altresì di forche, di carceri e di esili. U Fossombroni era riuscito in ultima analisi a strappare ai Toscani il solo valore essenziale che resta ai popoli che vanno cercando la realizzazione della loro libertà ed indipendenza, aveva saputo strappare loro l'intransigenza: con ciò egli sapeva bene di rendere sicuro lo stato nelle sue forme attuali meglio che servendosi dell'opera vigilante di cento polizie.
Eppure, malgrado tutto ciò, non si può neppure disconoscere che la Toscana, e per essa sopra tutto Firenze, seppe adempiere in quel periodo una funzione essenziale ed insostituibile del primo nostro Risorgimento, dando ad esso un contributo che non potrebbe essere sottovalutato. Fin dai primi anni della Restaurazione, e sopra tutto dopo i moti napoletani e pie­montesi del '20 e '21 e la reazione che ne seguì, il Granducato e la sua capi­tale divennero, proprio in conseguenza del regime tollerante che vi regnava, il centro di raccolta degli esuli d'ogni altra parte d'Italia e la sede di un'attiva vita culturale che non ebbe eguali nel resto della penisola, se si eccetui Mila­no. 3) À questo sviluppo culturale che aveva sì luogo in Firenze, ma che era impersonato da uomini di ogni parte d'Italia, contribuiva non poco la rela­tiva libertà di stampa e di espressione in genere di cui godeva allora la To­scana, la quale ebbe sempre una censura che, confrontata con quella eserci­tata negli altri stati, italiani, potrebbe quasi dirsi benevola. E da questa convivenza di uomini venuti un po' da ogni regione d'Italia, diversi profon-
*) G. CAPPONI, Vittorio Fouombront, sii. p. 424-425.
2) 6. MONTANEIU, Mmtorin, oit., voi. II, p. 2.
3) noto come la vita culturale toscana di questo periodo avesse corno principali ponti di riferimento l'Accademia dei Georgofili, U Gabinetto scientifico-letterario fondato dal Vienaaeux nel 1820 e l'Antologia, dovuta pur essa all'opero attiva ed instancabile dello stesso Vieusseux.