Rassegna storica del Risorgimento
TOSCANA ; RESTAURAZIONE
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1956
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19
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Aspetti legislativi della Restaurazione toscana 19
all'osservanza delle regole e della disciplina interna dei monasteri, mentre sia le persone che le proprietà e l'amuiinistrazione dei beni cadevano sotto la piena giurisdizione delle leggi civili toscano.
Tutto questo, però, non senza che la Santa Sede tentasse di approfittare del momento da lei giudicato favorevole per ottenere dal governo granducale una radicale revisione di quella legislazione leopoldina sulle mani-morte che aveva sempre costituito per essa motivo di fiere e reiterate recriminazioni: e se non. vi riuscì, malgrado le circostanze propizie, ciò fu dovuto alla ferma intransigenza dimostrata per l'occasione dai governanti toscani, che non cedettero in alcun modo alle pressioni su di loro esercitate da Pio VII per conseguire il suo intento.
H dialogo ira la Santa Sede ed il governo granducale cominciò quando quest'ultimo, messo alle strette dalle difficoltà finanziarie in cui era venuto a trovarsi all'indomani del ritorno di Ferdinando IH nei suoi stati, inviò a Roma il cavalier Giovan Battista Nuti con l'incarico di ottenere dal Pontefice la facoltà per il governo di Firenze di vendere a profitto dello stato una parte dei rimanenti beni ecclesiastici provenienti dalle corporazioni religiose ch'erano state soppresse da Napoleone. In un secondo tempo però le trattative in questione furono trasferite nella capitale toscana, dove fu inviato da Pio VII, in qualità di delegato apostolico straordinario, l'arcivescovo di Seleucia, mons. Tommaso Arezzo.1) Questi riferì che la Santa Sede era in linea di massima disposta a dare il consenso richiesto, purché fossero prima portati alla sua conoscenza i dati circa il valore dei beni superstiti appartenenti alle corporazioni religiose che s'intendevano porre in vendita a beneficio dello stato; la proporzione che vi sarebbe stata fra tale valore e quello totale dei beni da restituirsi definitivamente alle corporazioni religiose; infine il tempo approssimativo in cui il governo toscano intendeva procedere a questa restituzione. Erano queste, come si vede, condizioni del tutto giustificate e ch'era naturale che la Santa Sede ponesse; esse però non erano le sole alle quali veniva subordinato il consenso di Roma alle richieste del governo toscano. Infatti il delegato apostolico informò nel contempo che il gran motivo che poteva muovere il Santo Padre ad usare al granduca tutte le condiscendenze conciliabili coi doveri dell'apostolico suo ministero, nasceva appunto dalla lusinga da esso concepita, che il granduca avrebbe dal canto suo accordato alla Chiesa quel favore che aveva ogni diritto di reclamare, quello cioè di vedere abrogata la eosidetta legge delle m ammorto, la quale, oltre ad essere essenzialmente contraria a' di lei evidenti diritti presi a combattere di fronte, torna altresì in troppo disdoro e danno della medesima. E il delegato apostolico aveva aggiunto che sarebbe cosa a dir vero inconveniente e non conforme alla specchiata religione del Granduca, che mentre si lascia a ciascuno la libertà di disporre delle proprie sostanze a favore di chicchessia, e talora anche di persone immeritevoli, le quali in cattivo uso convertono le sostanze acquistate, si volesse poi toglier o limitare questa libertà a riguardo della sola Chiesa, che servesi de* beni per l'onore di Dio , *)
i) Per le trattative intercorse allora frn lu Santa Sede ed il governo toacnno efr, sopra tutto A. ZOBI, Storia civile della Toscana, dal 1737 al 1848, Firenze, 1852. voi. IV, pp. 127 e sgg. *) A. ZOBI, Aorta civile ecc., cit., p. 129.