Rassegna storica del Risorgimento

1869 ; ECONOMIA ; FINANZA
anno <1956>   pagina <69>
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La rivolta del macinato (1869)
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bondi si diressero alla piazza marciando in buon ordine e quivi giunti si divi­sero in più squadre dandosi a saccheggiare gli edifici pubblici, Fu preso d'as­salto il Municipio ed in breve tempo venne distrutto tutto e buttato dalle finestre quanto vi si conteneva, mobili e carte di ufficio. Fu fatto anche scempio di tre quadri del Guercino e di una bella statua di Dante in ima grande catasta sulla piazza. Lo sdegno e lo spavento dei Centesi erano al colmo. Altri furibondi si diressero alla Posta ma, trovatala chiusa, incendia­rono le porte e corsero alle carceri gridando fuori fuori i carcerati, ma una compagnia di granatieri li obbligò a retrocedere. Il sottoprefetto si fece alla finestra della sua residenza per esortare alla calma e raccomandare il buon ordine, ma fu preso a sassate e dovette ritirarsi.
X moti andavano sempre più. confondendosi e degenerando in azioni di furto e di deliquenza comune come nel Borghetto di S. Francesco ove tre individui cercarono di entrare nella casa di un privato che ricevette una col­tellata in fronte. Si vede, scrisse la Gazzetta dell'Emilia, che la canaglia tenta approfittare di questi momenti per eseguire le sue imprese.
A S. Pietro in Casale, Argelato, Lamola e Bazzano torbidi e movimenti di truppe. In vari punti i fili telegrafici furono rotti e resa più difficile la tra­smissione degli ordini.
Lo stesso giorno il foglio repubblicano L'Amico del Popolo che sosteneva moralmente la causa dei rivoltosi, dopo essere stato fatto segno a numerosi sequestri e perquisizioni e dopo che al direttore Francesco Pais fu invano in­timato di non parlare più del macinato sul suo giornale, fu messo in condi­zioni di cessare le pubblicazioni in seguito all'arresto del gerente e alla lati­tanza dei redattori e del direttore colpiti da mandato di cattura.
L'indomani a Cento *) temendosi una seconda invasione, le autorità fecero distribuire le armi a tutti i cittadini i quali presidiarono la città fino al sopraggiungere di un buon rinforzo di granatieri. Invece Pieve di Cento fu invasa da una turba di contadini di Poggetto, borgata rurale a 5 km. di distanza, all'evidente scopo di impadronirsi dei fucili della Guardia Na­zionale, il che fu fatto, perchè giunti all'improvviso non fu possibile difendere la caserma che fu derubata di tutti i fucili, mentre altri invasori si recarono al campanile, francassarono le porte e si diedero a suonare le campane a raccolta. Fu assalito il palazzo civico, divelte le imposte, manomessi i mobili, derubate e arse le carte della Segreteria e dell'Archivio, Con i fucili derubati volevano armare i popolani di Pieve e trarli con loro ad altre imprese, ma essendosi tutti rifiutati, se ne partirono schiamazzando e schernendo i Pievesi.
Questi però, irritati per simile oltraggio, si procurarono una adeguata riparazione. Il giorno seguente,2) attraversando il paese una compagnia di granatieri che da Bologna accorreva a Cento, i Pievesi della Guardia Nazio­nale ottennero dal Capitano il rinforzo di mezza compagnia, e allora in nu­mero di 80 circa con alla testa i granatieri si divisero in due squadre e marcia­rono sopra Poggetto che fu occupata senza resistenza. Gli invasori del giorno precedente, sorpresi e sopraffatti, non pensarono neppure a difendersi, onde
*) II Monitore, 9 gennaio. 2) Ibidem, 10 gennaio.