Rassegna storica del Risorgimento

1869 ; ECONOMIA ; FINANZA
anno <1956>   pagina <71>
immagine non disponibile

La rivolta del macinato (1869) IX
volle sospese; divulgando tramite i carabinieri la voce che lui era capace di farne fucilare molti ( che m'importava di parere in quel momento terrorista, se con ciò non solo ottenevo la quiete, ma risparmiavo sangue ? ); diffondendo a migliaia di copie una istruzione popolare sulla tassa del macinato. Effica­cissima si rivelò pure la misura di far trasportare lontano, nella fortezza di Alessandria, i prigionieri, poiché i contadini erano paurosi più che di andare in prigione di allontanarsi dal luogo nativo. Fu per sua preghiera che il Vescovo di Parma si decise a fare opera di pace fra le moltitudini. Non volle ricorrere né allo stato d'assedio né ai tribunali militari convinto che insieme ad una certa severità era necessario usare anche la forza della persuasione per far tornare i contadini sul retto pensiero.
Egli incontrò la collaborazione incondizionata delle autorità provinciali, più tiepida o più debole da parte di quelle comunali; mentre la Guardia Nazio­nale si mostrò o connivente coi rivoltosi o malsicura nell'opera di prevenzione e repressione. In molti luoghi alla G. N. si dovettero ritirare le armi e tale misura fa dichiarata buona dagli stessi municipi, sfiduciati ormai di tale isti­tuzione e stanchi di sostenere le spese del mantenimento e della custodia di armi. Al governo Cadorna fece presente la questione come meritevole di un pronto esame.
Essendosi completamente normalizzata la situazione, egli stesso potè il 19 gennaio proporre al governo la fine della sua missione che ehbe poi ufficialmente termine il 1 febbraio con decreto reale del 30 gennaio.
Il triste bilancio della rivolta fu di 34 contadini uccisi, 55 feriti fra conta­dini e militari. *)
Dibattiti parlamentari. Processi. Inchiesta ministeriale. Alla Camera furono presentate varie interrogazioni e interpellanze ai Ministri dell'Interno, delle Finanze e di Grazia e Giustizia sui disordini del macinato da parte di alcuni parlamentari della Sinistra. La discussione cominciò il 21 gennaio e si protrasse fino al 26 concludendosi con un ordine del giorno di approvazione dell'opera del governo.2)
L'on. Ferrari di Bologna esordi il suo discorso dicendo: Da lungo tempo in Italia non si è trattata questione più grave. Per la prima volta, da tempo immemorabile, si riscuotono le imposte a fucilate. Criticò il governo per avere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle notizie incomplete per nascondere la gravità dei fatti, criticò l'opera della truppa che compì inutili spargimenti di sangue senza nessuna necessità. Rilevò infatti che a S. Giovanni Persiceto i rivoltosi videro i 180 soldati dal campanile un'ora prima che potessero arri­vare; contrariamente a quanto affermarono i giornali, non mossero resistenza benché ascendessero a forse 4000 e la città fosse circondata, non vi fu un solo soldato ferito o scalfito, ma si tirò invece sui fuggenti e ne caddero così venti. Incolpò il governo della responsabilità dei moti per non avere, causa il mancato impiego dei contatori, applicato la legge che era stata approvata dal Parlamento.
1) Questi dati relativi solo all'Emilio, sono non poco superiori a quelli forniti dalla Rela­zione d'inchiesta e riportati da Nello Rosselli (Mazzini e Baìtounine, Milano 1930);
2) Atti Parlamentari, 1869, p. 5283-5291.