Rassegna storica del Risorgimento

1869 ; ECONOMIA ; FINANZA
anno <1956>   pagina <72>
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Fernando Manzotti
L'on. Torrigiani di Parma si rifece soprattutto ai fatti della sua provincia e rimproverò anck'egli il governo di non avere francamente avvertito la Ca­mera, adunata sulla metà di dicembre, che mancando i contatori l'esecuzione della legge sarebbe stata impossibile. Si è cercato inoltre, egli osservò, di spostare la questione incolpando dei disordini il partito clericale e il partito repubblicano ma si doveva ammettere che la questione vera era economica, riguardava non tanto il modo di applicazione della tassa, ma la tassa in sé.
L'on. Oliva, pure di un collegio del parmense, deplorò che al generale Cadorna fossero stati di fatto demandati non soltanto i poteri che apparten­gono ai Ministri dell'Interno e della Guerra, quelli stabiliti dal decreto, ma anche i poteri spettanti all'Esecutivo e al Guardasigilli come capo del Pub­blico Ministero, e sviluppò critiche di ordine legale alla sospensione del foglio repubblicano H Presente di Parma e all'arresto del gerente e dei redattori. U modo in cui si agi attestò una patente violazione della legge sulla stampa commessa per far tacere una voce: secondo lui anche se il gerente era venuto a mancare, in quanto arrestato, la legge prevedeva che il giornale potesse essere legalmente rappresentato da un redattore responsabile.
L'on. Miceli, deputato di un collegio del bolognese, trattò della sospen­sione de L'Amico del Popolo di Bologna denunciando gli arbitri del procura­tore del Re che in tre anni l'aveva sequestrato ben 61 volte e altrettante era stato assolto dalla magistratura. Il governo cercò di far credere che la sospen­sione del giornale fosse avvenuta per fatto del tutto indipendente dall'auto­rità mentre invece furono le persecuzioni e la fuga per sottrarsi all'arrèsto del Direttore Francesco Pais, poscia espatriato con passaporto autorizzato da Cadorna, che ne resero impossibile la vita. Fu pure censurata la disinvol­tura e la contraddizione del rilascio del passaporto a chi era ritenuto degno di mandato di cattura.
Il Ministro per l'Interno Cantelli difese l'operato di Cadorna e dei Pre­fetti e sostenne la tesi che gli arresti furono fatti tutti per ordine dell'autorità giudiziaria. Il Ministro delle Finanze Cambray-Digny fece la storia della ri­cerca di un contatore meccanico e sottolineò l'urgente necessità di bilancio che consigliò di affrettare l'applicazione della legge. Peraltro egli si disse si­curo che ancorché fossero stati installati i contatori e i mulini non si fossero chiusi, le rivolte ci sarebbero state ugualmente, come dimostrò lo stato di cose nel bolognese, ed anzi la furia dei contadini si sarebbe sfogata nel distrug­gere pure quegli apparecchi.
Il Ministro di Grazia e Giustizia De Filippo parlò della sospensione dei due giornali repubblicani appellandosi alla gravità delle circostanze e al ca­rattere sedizioso dei loro articoli che rendevano come sacra un'azione dell'Au­torità contro chi predicava la ribellione. Ammise che della facoltà di spiccare mandati di cattura contro i giornalisti il Pubblico Ministero doveva fare uso il più raramente possibile, ma nel caso di cui si trattava credeva che avesse fatto bene e meritasse l'approvazione della Camera. Quanto al favorito espa­trio del Pais, mediante passaporto concesso da Cadorna, riconobbe essere stata una incongruenza da un punto di vista legale suggerita però dalla ne­cessità pratica di allontanare in un modo discreto un individuo che in quel momento rappresentava un pericolo per l'ordine pubblico.
Quintino Sena in un suo intervento disse di non potere scusare il modo con cui il governo aveva applicato la legge poiché dal non avere tutti i contatori,