Rassegna storica del Risorgimento

1869 ; ECONOMIA ; FINANZA
anno <1956>   pagina <75>
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La rivolta del macinato (1869) 75
Denunciò i motivi di insoddisfazione per l'attività delle ammiu istruzioni comunali accusate dalle popolazioni di impiegare male i loro fondi spendendo in opere non richieste dalla pubblica necessità ma solo dalle ragioni di parte e che poi erano oggetto di appassionati e corrosivi commenti che nei piccoli centri scavavano sfiducia e malcontento particolarmente fra i contadini. Questi poi dopo la formazione dello Stato italiano non sentivano più. il dovere dell'obbedienza all'Autorità poiché il nuovo Stato non era in buona armonia con la Chiesa, si era rotta l'alleanza fra trono ed altare ed il clero non era più, come ai tempi dei Duchi, un intermediario fra gli organi pubblici e le masse; era decaduta anche l'abitudine tenuta sotto i Duchi di pubblicare dall'altare le leggi e di inculcare il precetto dell'osservanza ad esse.
Nei lunghi mesi precedenti l'entrata in vigore della legge, nei casolari e nelle stalle i contadini avevano parlato a lungo della tassa e le conversazioni avevano aggravato le apprensioni e gli allarmi senza che nessuno si curasse di illuminarli e consigliarli. I padroni non sempre ammonirono i loro dipendenti a tenersi fuori dai disordini, i più lasciarono correre e non vi fu chi della tassa mostrasse loro la necessità e ne spiegasse il carattere.
La Commissione terminò la sua relazione suggerendo alcuni rimedi. Un appello al patriottismo dei buoni perchè vigilassero e operassero per il bene comune. Maggiore elasticità nelle convenzioni coi mugnai accordando retti­fiche o revisioni ove si rendessero necessarie, e conseguentemente allargamento delle facoltà discrezionali delle Agenzie delle Imposte. Riduzione della quota di tassa alla metà della quota del frumento per il granturco di cui massima­mente si cibavano i contadini della bassa padana e dell'orzo e delle castagne per i comuni della montagna. Una raccomandazione per urgenze locali di lavori pubblici. Un voto per un provvedimento di amnistia.
Crisi H Regime. Se consideriamo le vicende delle provinole dell'Emi­lia dalla fine del Settecento, troviamo le premesse storiche per renderci conto del perchè i moti del macinato abbiano ivi avuto la massima intensità.
Tralasciando per ora le ragioni economiche e soffermandoci su quelle politiche, bisogna ricordare che in Emilia dal 1796, fra rivoluzioni e reazioni, vi furono fatte e disfatte tutte le forme immaginabili di governo, repubblica, papato, regno, ducato, giunte, dittature. Di tutti i governi italiani quelli dei ducati e del Papa erano i più fiacchi e vegetavano sostenuti unicamente dall'aiuto di truppe estere e mercenarie. Queste tradizioni di debolezza nei primi anni dopo l'unità, col vacillante indirizzo dato alla pubblica ammini­strazione, non trovarono le condizioni propizie per essere corrette. I contadini non apprezzarono affatto i benefici delle istituzioni liberali; per loro il conti­nuo succedersi dei vari ministeri ed il fatto che nel regime liberale i governi venissero pubblicamente criticati dalle opposizioni erano considerati segni di fiacchezza.
L'unità politica d'Italia e le vie ferrate tendenti ad accrescere l'impor­tanza dei grossi centri a danno dei minori furono più sentiti nei ducati che altrove, quindi è naturale vi fossero rancori più vivaci nei partigiani dei prin­cipi spodestali. i v
Le masse agricole per la loro ignoranza e per U carattere cittadino dei moti del Risorgimento erano sempre state estranee e spesso contrarie alle mi­noranze delle città. Nel ducato di Modena esse tumultuarono per il Duca nei