Rassegna storica del Risorgimento
1869 ; ECONOMIA ; FINANZA
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1956
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La rivolta del macinato (1869)
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mìci di tale operazione andavano considerati in un più vasto orizzonte. Le vendite dei beni ecclesiastici portarono benefici specialmente alle classi medie rurali e alle condizioni della terra. Gli acquirenti infatti versarono nelle nuove possidenze, isterilite dalla manomorta, quantità di capitali, di lavoro, d'intelligenza e ovunque i nuovi proprietari aprirono nuove fonti di operosità e di ricchezza, fabbricando, piantando, livellando, concimando e coltivando. Era un errore non valutare tali aspetti positivi.
Dalla lettura di questi giornali appare chiaramente che la tassa sul macinato e i relativi tumulti misero a nudo una crisi anche fra le stesse file dei liberali. Nei mesi precedenti i tumulti, i proprietari terrieri non avevano fatto un'opera di persuasione e i loro rappresentanti nelle amministrazioni si dimostrarono, come sappiamo, assai deboli. Perchè? La realtà era che in molti si erano già spenti gli entusiasmi risorgimentali, che i sacrifìci per le continue nuove tasse avevano avuto tuia ripercussione demoralizzante anche presso la parte liberale che dopo Custoza, Lissa e Mentana constatava amaramente che i propri sforzi approdavano a delle disfatte e a delle delusioni. Si ebbe insomma un aftievolimento di spirito civico, un afllosciamento di fede liberale rivelatori dell'insufficiente rinnovamento interiore con cui si era compiuto il Risorgimento politico.
Non mancarono perciò sintomi chiari di questo malessere e severe autocritiche.
La Gazzetta di Parma nel fondo I torbidi e il compito dei liberali (8 gennaio) scrisse che questo era di paralizzare con la onesta parola l'opera perniciosa che i nemici delle istituzioni, i mestatori e i retrogradi andavano facendo incitando i contadini illusi, e di unirsi nel proposito di illuminare le masse. Osservò che in Italia le libertà non erano intese ed usate. I cittadini non si curavano di loro: le elezioni, sebbene a suffragio ristrettissimo, andavano deserte, le grandi discussioni delle leggi nazionali dimenticate, i grandi interessi non dibattuti dall'opinione pubblica. Viene poi il giorno in cui tutta la vitabilità del paese la si vuole concentrare in una sommossa. Non è meglio usarla a tempo più utilmente ? .
La rivolta del macinato fu perciò un primo campanello d'allarme che richiamava le nostre classi dirigenti al dovere di rinsanguare la vita dello Stato allargandone le basi a nuove classi.
Il 9 lo stesso giornale suggeriva che i Sindaci e i consiglieri dovrebbero promuovere associazioni di onesti ed influenti cittadini che con modi conciliativi mettessero in evidenza di fronte alle folle i termini della questione sociale, le esagerazioni e le ipocrisie dei demolitori ad ogni costo. Affermava che in Italia il partito moderato aveva un difetto molto grave: era floscio al punto che cento dei suoi uomini non valevano dieci dei partiti avversi. Nelle elezioni essi preferivano starsene nelle loro case e lasciare che spesso trionfassero i reazionari o i repubblicani che pure erano in numero quasi impercettibile ma procedevano costanti e disciplinati. E ciò che avveniva per le elezioni si verificava in tutto il resto. I moderati hanno la malattia della fiaccona. Confessiamolo francamente: dei disordini che di tanto in tanto si vanno ripetendo in Italia la colpa è in gran parte nostra, ossia della vergognosa nostra fiaccona, che è tutt'uno.
Più coraggioso ancora è l'esame di coscienza da parte dei giornali della Sinistra liberale e più radicali appaiono le soluzioni.